ESPERIMENTI SULL’ISTINTO MATERNO
Si dice che le donne abbiano una cosa chiamata istinto materno. Stando alle testimonianze dirette questo istinto consisterebbe nella voglia insopprimibile di espellere una creatura da accudire, allattare e esibire a bordo di un passeggino. Al momento la sua esistenza non è stata ancora dimostrata, ma pare sia proprio a causa dell’istinto materno che persone nel pieno possesso delle loro facoltà mentali decidano di far uscire da un loro orifizio una cosa molto più grande dell’orifizio stesso. Il semplice amore per i bambini non è una motivazione sufficiente, dal momento che esistono persone che amano molto il vino, ma non per questo sono disposte a farsi uscire una bottiglia dal sedere.
Un’altra prova dell’esistenza dell’istinto materno sarebbe il fatto che le donne nascano dotate di mammelle (per allattare), di lunghe dita affusolate (per maneggiare i pannolini) e di una grande abilità nell’addormentarsi dopo cena (per prepararsi alle notti in bianco). Inoltre, e questa sarebbe la prova decisiva, fin da bambine amano accudire, allattare e esibire a bordo di passeggini piccole riproduzioni di esseri umani.
Ma sarà vero?
Per verificarlo ho pensato a un esperimento semplice e divertente. Si prendano centomila bambine di età inferiore ai due anni e le si divida in due gruppi. A un gruppo si consegnino giocattoli tradizionali, come piccole riproduzioni di esseri umani, piccole riproduzioni di cucine, piccole riproduzioni di aspirapolveri, eccetera, mentre all’altro gruppo si diano dei piccioni morti, quindi si prendano uno o più sacchetti di patatine e si osservi la scena comodamente sdraiati sul divano. Si noterà che le bambine coi piccioni morti si divertono tanto quanto le altre.
Risultato: un bambino piccolo gioca con quello che gli dai. Dai suoi giocattoli non è possibile desumere un istinto materno, paterno o nonnesco, ma al massimo l’istinto conformista dei genitori.
Ha senso parlare di istinto nel caso degli esseri umani?
Quando un cane seppellisce un osso e fa pipì dappertutto, non ha idea di quello che sta facendo, segue un istinto, come un computer segue le istruzioni di un programma, ma non succede mai che un uomo si sorprenda a fare cose di cui non conosce il significato.
Che fai?
Eh?
Perché stai seppellendo lo scooter in giardino?
Non lo so. Sento che devo farlo.
Mettilo in garage, no?
E ora che succede?
Credo tu stia marcando il territorio.
A questo proposito ho pensato a un altro esperimento.
Si prenda un neonato e lo si abbandoni nella giungla alle cure di due scimmie: Giulia e Francesco. I nomi non sono essenziali, servono solo per illudersi che sia in buone mani. Dopo cinque anni si torni nella giungla e gli si regali un peluche: cercherà di mangiarlo. Questa bambino sarà in tutto e per tutto uguale a una scimmia: salterà da un albero all’altro, mangerà le formiche infilando un rametto nei formicai e dirà cose come “uh-uh”, non “io Tarzan, tu Jane”. Se invece si educa una scimmia con tutte le cure e la si manda nelle migliori scuole, si comporterà sempre in tutto e per tutto come una scimmia: salterà da un albero all’altro, mangerà le formiche e voterà Lega Nord.
Risultato: gli animali fanno quello che dice l’istinto, gli esseri umani quello che imparano. Anzi quello imitano. Il cervello dei bambini è come il DAS: prende subito la forma che vuoi e poi si secca.
Questo può essere dimostrato col seguente esperimento.
Si produca un bambino e lo si faccia crescere in laboratorio, in modo che tutte le persone con cui entra in contatto (genitori, insegnanti, preti, eccetera) camminino rigorosamente a testa in giù. Gli si raccontino solo fiabe con gente che cammina a testa in giù e si capovolgano tutti i televisori del laboratorio. Questo bambino imparerà a camminare un po’ più tardi del solito, ma imparerà, e quando imparerà camminerà a testa in giù, farà pipì nel lavandino e si laverà i denti nel water. Al suo trentesimo compleanno, quando sarà sposato con una moglie a testa in giù e avrà i suoi figli a testa in giù, lo si faccia uscire per la prima volta dal laboratorio e lo si porti in corso Buenos Aires a Milano. Si osservi attentamente la sua faccia: sarà molto simile a quella che deve aver fatto Cristoforo Colombo quando ha visto tutta quella gente nuda con le penne in testa. Quindi gli si chieda cosa pensa di quelle persone che camminano sulle proprie gambe: risponderà che camminare in quel modo è una cosa bizzarra e innaturale, forse comoda, chissà, ma di certo il buon Dio non ci ha fatto le gambe per usarle in quel modo.
Risultato: istinto materno mia nonna.
Un’altra prova dell’esistenza dell’istinto materno sarebbe il fatto che le donne nascano dotate di mammelle (per allattare), di lunghe dita affusolate (per maneggiare i pannolini) e di una grande abilità nell’addormentarsi dopo cena (per prepararsi alle notti in bianco). Inoltre, e questa sarebbe la prova decisiva, fin da bambine amano accudire, allattare e esibire a bordo di passeggini piccole riproduzioni di esseri umani.
Ma sarà vero?
Per verificarlo ho pensato a un esperimento semplice e divertente. Si prendano centomila bambine di età inferiore ai due anni e le si divida in due gruppi. A un gruppo si consegnino giocattoli tradizionali, come piccole riproduzioni di esseri umani, piccole riproduzioni di cucine, piccole riproduzioni di aspirapolveri, eccetera, mentre all’altro gruppo si diano dei piccioni morti, quindi si prendano uno o più sacchetti di patatine e si osservi la scena comodamente sdraiati sul divano. Si noterà che le bambine coi piccioni morti si divertono tanto quanto le altre.
Risultato: un bambino piccolo gioca con quello che gli dai. Dai suoi giocattoli non è possibile desumere un istinto materno, paterno o nonnesco, ma al massimo l’istinto conformista dei genitori.
Ha senso parlare di istinto nel caso degli esseri umani?
Quando un cane seppellisce un osso e fa pipì dappertutto, non ha idea di quello che sta facendo, segue un istinto, come un computer segue le istruzioni di un programma, ma non succede mai che un uomo si sorprenda a fare cose di cui non conosce il significato.
Che fai?
Eh?
Perché stai seppellendo lo scooter in giardino?
Non lo so. Sento che devo farlo.
Mettilo in garage, no?
E ora che succede?
Credo tu stia marcando il territorio.
A questo proposito ho pensato a un altro esperimento.
Si prenda un neonato e lo si abbandoni nella giungla alle cure di due scimmie: Giulia e Francesco. I nomi non sono essenziali, servono solo per illudersi che sia in buone mani. Dopo cinque anni si torni nella giungla e gli si regali un peluche: cercherà di mangiarlo. Questa bambino sarà in tutto e per tutto uguale a una scimmia: salterà da un albero all’altro, mangerà le formiche infilando un rametto nei formicai e dirà cose come “uh-uh”, non “io Tarzan, tu Jane”. Se invece si educa una scimmia con tutte le cure e la si manda nelle migliori scuole, si comporterà sempre in tutto e per tutto come una scimmia: salterà da un albero all’altro, mangerà le formiche e voterà Lega Nord.
Risultato: gli animali fanno quello che dice l’istinto, gli esseri umani quello che imparano. Anzi quello imitano. Il cervello dei bambini è come il DAS: prende subito la forma che vuoi e poi si secca.
Questo può essere dimostrato col seguente esperimento.
Si produca un bambino e lo si faccia crescere in laboratorio, in modo che tutte le persone con cui entra in contatto (genitori, insegnanti, preti, eccetera) camminino rigorosamente a testa in giù. Gli si raccontino solo fiabe con gente che cammina a testa in giù e si capovolgano tutti i televisori del laboratorio. Questo bambino imparerà a camminare un po’ più tardi del solito, ma imparerà, e quando imparerà camminerà a testa in giù, farà pipì nel lavandino e si laverà i denti nel water. Al suo trentesimo compleanno, quando sarà sposato con una moglie a testa in giù e avrà i suoi figli a testa in giù, lo si faccia uscire per la prima volta dal laboratorio e lo si porti in corso Buenos Aires a Milano. Si osservi attentamente la sua faccia: sarà molto simile a quella che deve aver fatto Cristoforo Colombo quando ha visto tutta quella gente nuda con le penne in testa. Quindi gli si chieda cosa pensa di quelle persone che camminano sulle proprie gambe: risponderà che camminare in quel modo è una cosa bizzarra e innaturale, forse comoda, chissà, ma di certo il buon Dio non ci ha fatto le gambe per usarle in quel modo.
Risultato: istinto materno mia nonna.
3 commenti:
già già, deve essere il polieuritano, allora, che fa vincere lo spirito di conservazione in tanti mammiferi Questo qua ha studiato ad Harvard vero?
La reazione chimica per la sintesi dei poliuretani è stata scoperta da Bayer nel 1947. I poliuretani sono ottenuti per reazione di un di-isocianato (aromatico o alifatico) e di un poliolo (tipicamente un glicole polietilenico o poliesteri), in più vengono aggiunti dei catalizzatori per migliorare il rendimento della reazione e altri additivi che conferiscono determinate caratteristiche al materiale da ottenere; in particolare: "surfattanti" per modificarne l'aspetto superficiale, ritardanti di fiamma, e/o agenti espandenti (nel caso in cui si vogliano produrre delle schiume).
nei mammiferi questo processo avviene naturalmente, nel cervello, mettendo il crisi le sinapsi, e i collegamenti neurali, portando a comportamenti anomali e non razionali, come per la sindrome ansiolitica-possessiva che un mammifero adulto (generalmente di sesso femminile) mostra nei confronti di un altro più giovane con cui condivide parte del patrimonio genetico. Nelle forme più gravi il polieuritano porta a comportamenti autodistruttivi e illogici, esempio tipico è l'animale ormai assuefatto al polieuritano che sconvolto si getta tra le fauci della preda, fungendo da esca per permette la fuga della prole, più giovane e debole. Certi animali ne sono immuni, si pensi al lupo maschio, che tende a divorare il cucciolo, allo scopo di eliminare un futuro concorrente nonchè' un elemento debole del branco; essi sono però una rarità. Vista la maggiore sensibilità verso il polieuritano da parte degli animali che si occupano della prole, si sospetta che sia dovuta a fattori virali. E' infatti noto come i cuccioli siano in gener più soggetti a malattie evirus e le trasferiscano agli animali adulti che li accudiscono.
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