Come risolvere la crisi economica:
la lezione arriva dalla Lettonia
Dopo cinque anni di crisi finanziaria, la parte sud dell’Europa sta soffrendo molto.
La
Grecia è il paese con le maggiori difficoltà, tanto che una lezione da cui si può imparare arriva dalla piccola
Lettonia, un altro paese colpito dalla crisi.
I due paesi hanno perseguito delle politiche diverse, la Lettonia di rigorosa austerità, la Grecia di una austerità tardiva e limitata.
La Lettonia ha subìto un forte calo del PIL, pari al 24 per cento in due anni, causato da un blocco della liquidità quasi completo nel 2008. L’economia lettone è cresciuta del 5,5 per cento nel 2011 e nel 2012, se i dati lo confermeranno, si è espansa del 5,3 per cento, facendo registrare la più alta crescita in Europa, con un deficit di bilancio dell’1,5 per cento del PIL.
Nel frattempo, la Grecia viene da sette anni di recessione, con il
PIL diminuito fino ad oggi del 18 per cento. Nel 2008 e nel 2009, la crisi finanziaria sembrava di gran lunga peggiore in Lettonia che in Grecia, paesi che poi hanno scelto delle politiche opposte.
Un programma di stabilizzazione che voglia avere successo deve apparire finanziariamente sostenibile, in modo da poter ripristinare la fiducia tra i creditori, le imprese e le persone. Di solito, un buon programma di stabilizzazione può rilanciare la crescita economica nel giro di due o tre anni, come nel caso della Lettonia. E’ ovvio che alcune regole devono essere seguite, cosa che la Lettonia ha fatto, la Grecia no.
Nel 2009, la
Lettonia ha effettuato un arduo aggiustamento fiscale pari al 9,5 per cento del PIL, il 60 per cento del totale di quanto necessario, mentre la Grecia ha cercato di stimolare l’economia.
In una grave crisi, è molto più facile tagliare la spesa piuttosto che aumentare le entrate. La Lettonia ha mantenuto una tassa sul reddito personale a livelli comunque contenuti, dato che ora si trova al 21 per cento, oltre che una bassa tassazione sui profitti aziendali, pari al 15 per cento. La Grecia, al contrario, ha mantenuto alta la spesa pubblica pari al 50 per cento del PIL nel 2010 e nel 2011, quando avrebbe dovuto perseguire l’austerità.
10 gennaio 2013
Abbiamo iniziato a parlare nello scorso articolo delle differenze di approccio alla soluzione della
crisi economica da parte del governo lettone e di quello ellenico. Due modi di gestione completamente diversi, che hanno portato la Lettonia, oggi, ad essere una dei più validi stati in Europa, mentre la Grecia si trova ancora impantanata nella crisi.
Il governo lettone, nel 2008 e nel 2009, era stato
colpito duramente dalla burocrazia.
Ha licenziato il 30 per cento dei dipendenti pubblici, ha chiuso la metà delle agenzie statali e ha ridotto lo stipendio pubblico medio del 26 per cento in un anno. Ha inoltre
vietato a chi era già impiegato in cariche private di lavorare anche nel pubblico. I
ministri hanno subìto dei
tagli salariali pari al 35 per cento (da questo dovrebbe imparare anche l’Italia), mentre le pensioni e le prestazioni sociali sono state a malapena ridotte.
I tagli ha richiesto una forte deregolamentazione e la Lettonia goduto di un boom nella creazione di nuove imprese nel corso del 2011.
Al contrario, la Grecia ha consentito al clientelismo e alla corruzione di prosperare. Durante la presunta austerità, il primo ministro socialista George Papandreou ha aumentato il numero dei dipendenti pubblici di 5.000 unità, perché essi erano la sua base di potere. Transparency International, inoltre, colloca la Grecia al primo posto nella classifica dei paesi più corrotti in UE.
Una grave crisi finanziaria richiede spesso un finanziamento di emergenza. La Lettonia ha ricevuto dei sostanziali aiuti da parte del FMI, dell’
Unione europea e dei paesi vicini. Complessivamente, i fondi impegnati sono stati pari al 37 per cento del PIL lettone nel 2008, dei quali il paese ha utilizzato solo il 60.
Alla fine di dicembre il paese ha ripagato tutti i prestiti al FMI con quasi tre anni di anticipo, il che significa che oggi può prendere in prestito denaro ad un tasso di interesse dell’1,7 per cento sui rendimenti obbligazionari a sei anni, mentre i rendimenti obbligazionari della Grecia, a 10 anni, sono arrivati all11 per cento addirittura, un tasso insostenibile.
10 gennaio 2013