in corteo a Roma
Protesta dei terremotati de L'Aquila:
scontri , botte e due feriti lievi
Assediato Palazzo Grazioli: «A voi le pensioni d'oro e a noi le macerie».
Spintoni anche al sindaco Cialente: «Avviare la ricostruzione».
Governo: tasse in 10 anni
ROMA - «L'Aquila non può crollare: è una città che sa volare». Sulla maglietta di un ragazzo è scritta tutta la rabbia degli abruzzesi che in cinquemila si sono radunati a Roma mercoledì mattina. Da piazza Venezia, volevano arrivare in corteo (non autorizzato) sotto al Parlamento, ma polizia e carabinieri hanno sbarrato loro ogni accesso da via del Corso e via del Plebiscito dove risiede il premier Silvio Berlusconi. Momenti di tensione: lancio di bottigliette e qualche spintone. Due ragazzi sono stati feriti in maniera lieve. Spintoni anche per il sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente, e il deputato del Pd Giovanni Lolli. Dopo ore concitate i manifestanti sono arrivati a Piazza Navona. Una bandiera nero-verde, con i colori dell'Aquila, è stata issata sul balcone del Senato rivolto verso piazza Navona. Dopo qualche minuto i commessi hanno provveduto a rimuoverla. E alle 17 del pomeriggio la manifestazione si è conclusa: gli organizzatori hanno invitato i manifestanti a raggiungere i pullman. Ma un centinaia di manifestanti ha proseguito su Lungotevere degli Altoviti, all'altezza di Ponte Umberto. Il corteo si è fermato tra Ponte Umberto e Castel Sant'Angelo. Il traffico è andato in tilt. «Ora che la manifestazione si è sciolta abbiamo deciso di bloccare il traffico perché la polizia ci ha caricato», ha urlato al megafono un manifestante. Momenti di tensione davanti alla sede del Dipartimento della Protezione Civile a Roma dove centinaia di manifestanti dell'Aquila hanno urlato frasi contro Bertolaso e slogan come «Io alle 3 e 32 non ridevo», «Sciacalli» e «Assassini». Nel tardo pomeriggio la protesta si conclude tra le lacrime, davanti alla sede della Protezione Civile, con un lungo applauso alle vittime del terremoto dell'Aquila. Ai megafoni i manifestanti hanno ricordato, tra le lacrime, la tragedia vissuta durante il terremoto e la loro protesta contro «una ricostruzione mai avvenuta».
ASSEDIATO PALAZZO GRAZIOLI - I manifestanti si erano ritrovati di mattina in piazza Venezia. Dopo una trattativa (la piazza davanti al Parlamento era già occupata da un'altra manifestazione autorizzata), le forze dell'ordine hanno lasciato passare i manifestanti su via del Corso.
(VIDEO) Ma il corteo non è potuto entrare in piazza del Parlamento e così, dopo aver bloccato a lungo la strada, la folla è tornata indietro verso piazza Venezia. I manifestanti sono riusciti anche a forzare il blocco di via del Plebiscito, assediando Palazzo Grazioli: «Vergogna, a voi le pensioni d'oro e a noi le macerie» ha urlato la folla in mezzo alla strada. Il premier, proprio in quel momento riunito nella sua residenza con i vertici del Pdl per fare il punto sul Ddl intercettazioni, ha preferito blindarsi dentro al palazzo: i due portoni, solitamente aperti, sono stati chiusi. Da via del Plebiscito, il corteo si è diretto verso il Senato, fermandosi in piazza Navona.
BLOCCO IN PIAZZA COLONNA - Gli scontri più gravi sono avvenuti in piazza Colonna. A farne le spese due ragazzi presi a manganellate. Uno, ferito alla testa e con il volto coperto di sangue è stato medicato in un bar. Secondo il programma originario, i manifestanti dovevano raggiungere la sede della Camera e nel pomeriggio quella del Senato per chiedere la sospensione delle
tasse che da dicembre i cittadini dovrebbero
ricominciare a pagare al cento per cento (alcuni hanno già iniziato a versarle dal primo luglio). Chiedono anche il congelamento dei mutui, oltre a una serie di misure di sostegno all'occupazione e all'economia inquadrate in una legge che preveda procedure efficaci per la ricostruzione e finanziamenti certi. «Non si tratta di privilegi, ma equità e diritti - spiega Lina Calandra, giovane ricercatrice universitaria in corteo -. Noi siamo qui per difendere la nostra sopravvivenza. Secondo uno studio del Cresa (Centro regionale di studi e ricerche economico s,
ndr), se dovessimo tornare a pagare le tasse oggi, con uno stipendio lordo di 2 mila euro arriveremo ad avere 600 euro in tasca». In testa ai manifestanti il sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente che è stato ricevuto dal Presidente del Senato, Renato Schifani.
«TERREMOTATI E BASTONATI» - Sono arrivati a piazza Venezia con circa 45 pullman provenienti dal «cratere» dell'Aquila, la zona più colpita dal terremoto del 6 aprile 2009. Non solo da L'Aquila, ma anche dai paesi limitrofi come San Demetrio, Fossa, Torre dei Passeri (in provincia di Pescara) e Sulmona. Con gli striscioni preparati volevano spiegare che L’Aquila «è un malato grave» e che «non si vive di solo C.A.S.E». Slogan che volevano urlare davanti al Parlamento, «ma c'è stato un blocco inaspettato delle forze dell'ordine» ha detto il sindaco Cialente che ha cercato di riportare la calma nel corteo diverse volte. «Quando io sono andato al Senato eravamo d'accordo che si sarebbe aperto un varco. E' una cosa allucinante che ci siano due feriti. Qui sono arrivati ragazzi, imprenditori, cittadini, gente comune per chiedere un aiuto. E' vergognoso che la gente è ancora fuori casa: non è bastato il terremoto, ora anche le botte». E infine: «non mi aspettavo gli scontri, noi siamo gente tranquilla anche se disperata».
LO SFOGO DEL SINDACO - «Dal primo luglio abbiamo ripreso a pagare le tasse. Ma lo spettro più grande è un altro: dal primo gennaio ripagheremo 14 mensilità di tasse con il recupero di quelle non pagate, il che vuol dire che per ogni 1000 euro ci sono 200 euro di tasse aggiuntive. Le casse sono vuote, e dico della cassa per pagare l'emergenza come vice commissario.
Per i 32 mila sfollati che ancora alloggiano negli alberghi, c'è una spesa fra i 15 e i 20 milioni al mese, che naturalmente non posso pagare. Questi sono i problemi che ho rappresentato al presidente del Senato Renato Schifani. Senza trascurare che la manovra finanziaria all'esame della Commissione Bilancio ha trascurato del tutto l'emergenza Abruzzo». Questo lo sfogo del sindaco de L'Aquila Massimo Cialente, al termine dell'incontro avuto con il presidente del Senato. «Lì - racconta il sindaco - è stata costruita una città temporanea: case temporanee, chiese temporanee, uffici e negozi temporanei. Dobbiamo pagare 350 milioni per l'emergenza ed è tutta da avviare la ricostruzione».
TRIBUTI IN 10 ANNI - E
in serata arriva l'annuncio che il recupero dei tributi e contributi non versati avverrà in 10 anni e non i 5. E' il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, d'intesa con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, a dare notizia dell'emendamento, inserito nella legge finanziaria, con cui si prolunga il periodo di restituzione dei contributi non versati per il Comune dell'Aquila e per quelli del cratere, che dovranno comunque iniziare a pagare gli arretrati
dal 1 gennaio 2011 in 120 rate mensili . Il governo - riferisce una nota di palazzo Chigi- presenterà in aula al Senato
un nuovo emendamento al decreto legge sulla manovra, per ripartire il pagamento su 10 anni anzichè su 5, come attualmente dispone la norma approvata in commissione. Tiepido il commento del sindaco Cialente: «L'emendamento che fissa in 120 rate, anzichè 60, la restituzione dei tributi e contributi arretrati, e dunque in un periodo di 10 anni anzichè 5, rappresenta un passo avanti da parte del Governo, ma purtroppo non è ancora sufficiente. Resta sempre il fatto - spiega Cialente - che ciò che non è stato versato andrà restituito al 100%. Per essere chiari, fino a stamattina un lavoratore aquilano con uno stipendio netto di mille euro avrebbe avuto una decurtazione in busta paga di 266 euro, restando con uno stipendio di appena 740 euro, da terremotato e magari con un coniuge in cassa integrazione. Con l'emendamento inserito questa sera in finanziaria da parte del Governo, quello stesso lavoratore avrà una ritenuta in busta paga di 134 euro e uno stipendio di 876 euro. In ogni caso, come si vede, si tratta di decurtazioni insostenibili per le famiglie aquilane».