martedì, novembre 30, 2010

RIFORMA UNIVERSITARIA

dA http://www.corriere.it/

UNIVERSITA', IL REALISMO NECESSARIO

Riforma che va difesa

UNIVERSITA', IL REALISMO NECESSARIO

Riforma che va difesa

«Del valore dei laureati unico giudice è il cliente; questi sia libero di rivolgersi, se a lui così piaccia, al geometra invece che all'ingegnere, e libero di fare meno di ambedue se i loro servigi non gli paiano di valore uguale alle tariffe scritte in decreti che creano solo monopoli e privilegi». (Luigi Einaudi, La libertà della scuola, 1953).

Il ministro Gelmini non ha il coraggio di Luigi Einaudi, non ha proposto di abolire il valore legale dei titoli di studio. Né la sua legge fa cadere il vincolo che impedisce alle università di determinare liberamente le proprie rette, neppure se le maggiori entrate fossero interamente devolute al finanziamento di borse di studio, cioè ad «avvicinare i punti di partenza» (Einaudi, Lezioni di politica sociale, 1944). Né ha avuto il coraggio di separare medicina dalle altre facoltà, creando istituti simili a ciò che sono i politecnici per la facoltà di ingegneria. Perché a quella separazione si oppongono con forza i medici che grazie al loro numero oggi dominano le università e riescono a trasferire su altre facoltà i loro costi.

Ma chi, nella maggioranza o nell'opposizione, con la sola eccezione del Partito Radicale, oggi appoggerebbe queste tre proposte? La realtà è che la legge Gelmini è il meglio che oggi si possa ottenere data la cultura della nostra classe politica.

Il risultato, nonostante tutto, non è poca cosa. La legge abolisce i concorsi, prima fonte di corruzione delle nostre università. Crea una nuova figura di giovani docenti «in prova per sei anni», e confermati professori solo se in quegli anni raggiungano risultati positivi nell'insegnamento e nella ricerca. Chi grida allo scandalo sostenendo che questo significa accentuare la «precarizzazione» dell'università dimostra di non conoscere come funzionano le università nel resto del mondo. Peggio: pone una pietra tombale sul futuro di molti giovani, il cui posto potrebbe essere occupato per quarant'anni da una persona che si è dimostrata inadatta alla ricerca.

«Non si fanno le nozze con i fichi secchi», è la critica più diffusa. Nel 2007-08 il finanziamento dello Stato alle università era di 7 miliardi l'anno. Il ministro dell'Economia lo aveva ridotto, per il 2011, di un miliardo. Poi, di fronte alla mobilitazione di studenti, ricercatori, opinione pubblica e alle proteste del ministro Gelmini, Tremonti ha dovuto fare un passo indietro: i fondi sono 7,2 miliardi nel 2010, 6,9 nel 2011, gli stessi di tre anni fa. «La legge tradisce i giovani che oggi lavorano nell'università, non dando loro alcuna prospettiva». Purtroppo ne dà fin troppe. Per ogni dieci nuovi posti che si apriranno, solo due sono riservati a giovani ricercatori che nell'università non hanno ancora avuto la fortuna di entrare: gli altri sono destinati a promozioni di chi già c'è.

La legge innova la governance delle università: limita l'autoreferenzialità dei professori prevedendo la presenza di non accademici nei consigli di amministrazione (seppure il ministro non abbia avuto la forza di accentuare la «terzietà» del cda impedendo che il rettore presieda, al tempo stesso, l'ateneo e il suo cda). Per la prima volta prevede che i fondi pubblici alle università siano modulati in funzione dei risultati.

La valutazione è l'unico modo per non sprecare risorse, per consentirci di risalire nelle graduatorie mondiali e fornire agli studenti un'istruzione migliore. Per questo l'Anvur, l'Agenzia per la valutazione degli atenei, è il vero perno della riforma. Purtroppo il ministro Mussi, che nel precedente governo la creò, ne scrisse un regolamento incoerente con la legge. Fu bocciato dal Consiglio di Stato e ha dovuto essere riscritto da zero con il risultato che l'Anvur parte soltanto ora.

La legge però non deve essere approvata ad ogni costo. Agli articoli ancora da discutere sono opposti (dall'opposizione, ma anche dalla Lega) emendamenti che la snaturerebbero. Uno alquanto bizzarro, dell'Udc, abroga il Comitato dei garanti per la ricerca, introdotto su richiesta del Gruppo 2003, i trenta ricercatori italiani i cui lavori hanno ottenuto il maggior numero di citazioni al mondo. La scorsa settimana Fli ha proposto che i 18 milioni che la legge finanziaria destina ad aumenti di stipendio per chi nell'università già c'è non siano riservati ai giovani, ma estesi a tutti. Così quei 18 milioni si sarebbero tradotti in venti euro al mese in più per tutti, anziché quaranta al mese per i giovani. Fortunatamente quell'emendamento non è passato. Ma altri sono in agguato, tra cui alcuni che introducono ope legis di vario tipo. Se passassero, meglio ritirare la legge.

Il Pd ha annunciato che voterà contro. Davvero Bersani pensa che se vincesse le elezioni riuscirebbe a far approvare una legge migliore? Migliore forse per chi nell'università ha avuto la fortuna di riuscire a entrare. Dubito per chi ne è fuori nonostante spesso nella ricerca abbia ottenuto risultati più significativi di chi è dentro.

Francesco Giavazzi
30 novembre 2010

17 commenti:

lu ha detto...

Non entro nel merito della riforma, che sono d'accordo vada fatta e perfezionata con la collaborazione di tutti.
Dico solo che, mi spiace per lui, ma ad oggi la frase di Einaudi suona come una "gran strunzata".
Questo perchè oggi le tariffe dei regi decreti che cita sono state infilate tutti ben sappiamo dove, perchè il cliente non sa che una struttura progettata da un geometra, da un ingegnere scarso e da un ingegnere bravo è diversamente costosa, sicura e performante. Che strumenti ha un panettiere per giudicare l'opera di uno strutturista?
Abolire il valore legale dei titoli di studio? Significa, con la mancanza di regole attuale, finire in mano a disgraziati che non si prenderanno la minima responsabilità del loro lavoro e produrranno cliccando due tasti (come tanti fanno ora). E i bravi o cederanno alla legge del minor prezzo imbastardendo il loro lavoro, o moriranno professionalmente.
Ottimo risultato, nulla da dire.

Ugo Balestrieri ha detto...

Pienamente d'accordo, non c'è che dire...

vex ha detto...

Mi chiedo e vi chiedo, e sulla questione sono devvero ignorante. Negli USA il titolo di studio non ha, generalmente, valore legale giusto? Se ho capito, ma è frutto di informazione superficiale, l'unica cosa che fa testo è l'esame di stato, che permette l'abilitazione professionale, per quelle professioni che lo prevedono. Poi fanno testo l'università e i tipi di esami sostenuti. Vale la responsabilità civile e penale dei progettisti. Il luogo comune vuole che gli americani medi, siano una massa di ignoranti. Però se tutto questo è vero, perchè loro sono avanti 20 anni rispetto a noi nelle tecniche di progettazione (antisismiche in particolare)? Che ci faccia comodo avere il culo parato son d'accordo. Ma non confondiamo la tutela di un interesse corporativo (che può anche essete giusto in un determinato contesto) con altro.

lu ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
lu ha detto...

Sono avanti di vent'anni nella progettazione antisismica perchè il loro territorio è drammaticamente più a rischio del nostro e perchè investono tanti tanti soldini per la ricerca e la tecnica costruttiva visto che se c'è un terremoto e l'azienda si ferma sono casini per tutti (e tra l'altro da loro le polizze assicurative valutano la vulnerabilità dell'edificio!).
L'esame di stato abilitante sono d'accordo dovrebbe essere il vero discriminante. Ma quando si cita geometra o ingegnere si sottointende quello che ha fatto l'esame di stato ed è professionista, non il diplomato che poi ha aperto un bar, ovvio.
Il valore legale dei titoli di studio non è un mero interesse corporativo. La mancanza di regole nel mercato lo sputtana, perchè le attività intellettuali non sono soggette alle leggi del mercato dei prodotti. Se produco frigoriferi che si rompono, dopo un po' smetto di venderli. Se progetto case insicure nessuno se ne accorge finchè non ci scappa il morto.

Ps: parlo per il nostro mestiere, non di avvocati, notai, ecc... che forse meritano discorsi a parte

CECO ha detto...

vex. a me non me ne frega un .... degli U.S.A.
lavoro a Chiari e ho a che fare con il committente medio bresciano, come ben vedi dal mio loquar forbito.

1)la normativa il professionista medio la applica,capendola si spera, non la fa, quella la fanno i vari Riva.

2)sbaglio o le normative USA sono decisamente più pratiche? e a momenti tabellano anche come l'inge deve mettersi i calzini la mattina?

3)la responsabilità civile ormai per molti ha lo stesso valore della carta igienica. così come la prestazione intellettuale

4)a volte non capisco quanto dei tuoi discorsi siano spinti dalla tua ormai celebre vis polemica...
spostiamo la cosa agli estremi. Lascieresti che diventi medico un non laureato perchè ha imbroccato un esame di stato? e dopo quante vittime lo fermi?
...tutti uguali...sarai mica diventato comunista?

vex ha detto...

Bèh perchè adesso un medico dopo quante vittime lo fermi? a mio padre 20 anni fa riguardo a un ginecologo, gli han detto "aspetti che abbia ammazzato almeno tre o 4 bambini".
Questo per dire che forse la tua domanda è malposta.
L'esempio dgli Usa è calzante se rispondono al vero le premesse. E cioè dimostra che un sistema più libero può essere ugualmente di stimolo per una progettazione attenta. Riguardo alla normativa americana è l'equivalente dei nostri eurocodici, cioè non è legge dello stato, contrariamente alla normativa italiana. infine non vi è nulla di male nel rivendicare un interesse corporativo, credo però, sia onesto riconoscerlo, senza inventarsi che è a tutela del cliente.

vex ha detto...

In concreto quello che contesto del vostro ragionamento è il nesso tra minimi tariffari e maggiore professionalità. Nè comprendo pechè (cosa che non avverrà mai) il togliere validità legale ai titoli di studio, rendendo però gli esami di stato seri e rigorosi, voglia dire avere gente meno qulificata.

lu ha detto...

Credo di non aver capito cosa significhi allora togliere valore legale ai titoli di studio. Oggi di dobbiamo laureare e sostenere un esame di stato e iscriverci ad un albo (che laurea, esame di stato e albo siano più o meno difficili e/o trasparenti per ora lasciamo stare). Nella versione che dici tu Vex cosa succederebbe? Fai solo l'esame di stato anche senza laurea?
Tieni conto che ad oggi i titoli di studio direttamente abilitanti sono pochissimi mi sembra.

I minimi tariffari garantiscono che un certo lavoro possa essere eseguito con certi criteri. Ad oggi ci sono professionisti che fanno lavori dove non ci stanno dentro nemmeno con il costo delle stampe. Si potrebbero togliere, se i controlli e le sanzioni per chi sbaglia facessero automaticamente diventare non conveniente fare i lavori male. Ma così non è: non ci sono i minimi, non ci sono i controlli, e committenti (spesso imprese o immobiliari che ben sanno cosa significa) esigono sconti del 60-70 e anche 80% sulla parcella.
Io spero che chi fa questi sconti infici solo la qualità grafica e di ottimizzazione della struttura. Spero non intacchi la sicurezza, visto che ha così poche risorse per calcolo e controlli. Ma a vedere cosa c'è in giro sembra proprio non ragionino tutti così.

vex ha detto...

togliere valore legale al titolo di studio, vuol dire che non conta che tu abbia una laurea. Che quello che è importante è che tu abbia l'abilitazione a esercitare una determinata professione. Questo vuol dire esami di stato rigorosi e non farse. E anche che diventa più importante il percorso di studi (chessò la presenza di un esame di sismica anzichè di una sociologia urbana e rurale) e l'università dove si è studiato (politecnico di milano anzichè brescia per dire), che il fatto di essere laureati e basta. Sul discorso dei minimi, e se uno lavora male ma con i minimi? che succede? che guadagna di più.

lu ha detto...

Ah ho capito. Quindi uno può passare l'esame di stato ma senza laurea?

In teoria i minimi garantiscono il minimo per fare quel lavoro come va fatto. Sono come i prezziari. Poi puoi fare anche il lavoro a meno, ma infici la qualità (e la sicurezza).

Poi se sei un professionista èdisonesto... bhe il committente non può di sicuro controllare.

Infatti molte committenze si affidano oggi a dei revisori dei progetti: in pratica pagano molto meno noi, ma pagano loro per controllare che noi non facciamo cazzate. E se pagassero subito noi il giusto non andrebbe bene?

Anonimo ha detto...

Il punto è proprio questo i minimi tariffari ci danno un vantaggio economico, ma non tutelano il cliente, che comunque ha bisogno di un altro professionista.

lu ha detto...

Se è per questo allora il cliente non è mai tutelato dall'operato del professionista: se vai dal dentista chi ti assicura che lui lavori bene? se vai dal topografo per misurare un terreno da comprare, chi ti assicura che non sbagli?
Ecco che esistono la responsabilità civile e penale a seconda del caso.

Cosa fai paghi un altro dentista per controllare che il dentista originario abbia lavorato bene?

Non ha senso, siamo "professionisti" o piegafogli scribacchini? No perchè messa così allora io non mi fido nemmeno del cuoco del macdonald: e se ci sputasse sopra a quel panino dorato?

E se vogliamo fare i sottili il nostro non è un cliente ma un committente, non compra un bene ma un servizio. Vendiamo quello che pensiamo, non dei frigoriferi prodotti in serie.

ceco ha detto...

ehi!!!sociologia urbana e rurale è stato un esame altamente qualificante!!!!!
proprio vero...son tutti froci col culo degli altri...
vex ma contro cosa combatti?
voti per interesse dicendo che è quello che conta e poi mi fai sta manfrina sul principio?
ok...se tu cambi sponda politica io ti sostengo nella lotta contro i nostri interessi!!!!

vex ha detto...

Quello che dico è che io sono la lotta egoistica e corporativa per i nostri interessi professionali, a patto che lo si riconosca. Anche perchè in un sistema come quello italiano in cui le aziende possono contare sugli incentivi statali, gli operai e in genere i lavoratori dipendenti sul contratto nazionale e su una normativa generalmente a tutela del lavoratore, gli agricoltori su tutta una serie di sussidi etc. etc. etc. alla fine i liberi professionisti (assieme ai camionisti), da quando hanno abolito le tariffe son gli unici a muoversi in un sistema ingessato e corporativo senza le dovute tutele. Ma, preferisco mille volte un sistema di libero mercato e di libera concorrenza, in cui l'Ordine vigili sull'operato degli iscritti che fanno sconti eccessivi, facendo controlli sull'effettiva qualità del prodotto venduto (per me non c'è differenza tra un progetto e un frogrifero, sorry).

lu ha detto...

Adesso ho capito e concordo con te. Un Ordine o un ministero o altro ente che sorvegli, ma sorvegli davvero, è l'unico presupposto per una sorta di libero mercato.
Oggi invece c'è il libero mercato senza sorveglianza.

Secondo me se ci spieghiamo meglio, ti convinci che tra frigorifero e un progetto c'è molta differenza. Non intendo tra il progetto del frigorifero, ma tra la lamiera piegata e la plastica sagomata.

vex ha detto...

ma i oparlavo di un frogrifero!! mica di un baanlissimo frigorifero!:D