mercoledì, agosto 05, 2009

Quando la realtà ordinaria ruota sui cardini e si spalancano nuovi cieli e terre nuove, di Francesco Lamendola

Talvolta accade come per caso: ma noi sappiamo che non è affatto un caso; anche perché nulla lo è, ad un livello profondo.
«Caso» è il nome che siamo soliti dare a ciò che si sottrae al nostro sguardo ordinario, ossia superficiale; ma la realtà vera è sempre, nella sua essenza, straordinaria: e le parole del linguaggio ordinario sono inadeguate per descriverla.
Dunque, talvolta sembra che accada per caso: ma la verità è che accade solo dopo che un lungo cammino è stato percorso; un cammino arduo e solitario, tutto in salita, con frequenti cadute e con numerosi momenti di angoscia, di tenebra, di disperazione.
E poi, d'improvviso, accade.
Accade che la realtà ordinaria incomincia a ruotare sui cardini, come un portone di legno massiccio; e che, al là di essa, noi vediamo spalancarsi tutto un altro orizzonte, misterioso, ineffabile, sublime; vediamo nuovi cieli e terre nuove, e la nostra anima ne è turbata e commossa, fino quasi alle lacrime.
Di colpo, dove ci pareva di essere giunti a un punto morto, ogni cosa si anima e riprende movimento; dove non riuscivamo a scorgere null'altro che muri lisci e solide pareti, si aprono nuove e meravigliose prospettive; dove eravamo certi di aver esaurito fin l'ultima scintilla di energia, di speranza, di coraggio, sentiamo le nostre forze raddoppiare, decuplicare, centuplicare.
Non si sa come, tuttavia accade.
E la cosa più sorprendente, più esaltante, è che questa rinnovata capacità di vedere, di sentire, di capire, questo sovrumano moltiplicarsi delle forze, questa ondata di fiducia e di lucidità, sentiamo che non provengono da noi, anche se noi ne siamo stati il catalizzatore e il primo diretto beneficiario (ma, indirettamente, ne beneficano anche molte altre persone); sentiamo che provengono dall'alto e che pervadono tutto il nostro essere.
Per i cristiani è la grazia; per certe dottrine mistiche, è il disvelamento; per gli antichi Greci, infine, era il «kairós», ossia il tempo ineffabile e qualitativo, mentre «chronos» non era che il tempo ordinario e qualitativo, il tempo della storia e degli eventi umani.
«Kairós», pertanto, era il tempo che si cela nelle pieghe del tempo; era il tempo degli dei, quando il tempo ordinario rimane come sospeso, in attesa, e qualunque cosa può accadere [...]

Alice che penetra, attraverso lo specchio, in un regno meraviglioso, dove l'impossibile diventa possibile e dove l'irreale diviene reale, non è che una metafora poetica per indicare questa rivelazione, questo disvelamento, questo sopraggiungere improvviso del «kairós», come un ladro nella notte, nel bel mezzo di «chronos», il tempo storico, ordinario, proprio della dimensione quotidiana dell'esistenza.

Nessun commento: