martedì, settembre 13, 2011

Metodi di calcolo della pensione

E' un po' datato ( 'sto post era pronto da tempo) e visto che qui cambian le carte in tavola giornalmente si spera sia ancora valido (ma dovrebbe esserlo :) )

Una letta giusto per capire la differenza tra "retributivo" e "contributivo" non fa male.


Metodi di calcolo della pensione
ed esigenza previdenziale

Metodo di calcolo: il metodo di calcolo è il criterio in base al quale si determina a quale ammontare di pensione si avrà diritto una volta raggiunto il requisito di età previsto dalla normativa. Con la riforma Dini (l.335/95) si è introdotto nel nostro sistema previdenziale un nuovo metodo, il "contributivo", che gradualmente sta sostituendo il precedente metodo "retributivo".

A chi si applicano: per salvaguardare i diritti che fossero già maturati, i lavoratori italiani dal 1 gennaio 1996 sono stati così classificati:
- lavoratori con più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995: rientrano nell’applicazione del vecchio sistema retributivo
- lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995: sono soggetti al calcolo della pensione con il cosiddetto calcolo misto (retributivo per la parte di pensione relativa alle anzianità maturate prima del 1996, contributivo per quelle maturate successivamente) e accedono alle prestazioni per quel che riguarda l’età pensionabile secondo le regole del sistema retributivo (a meno che non optino il contributivo integrale)
- lavoratori neoassunti a partire dal 1 gennaio 1996 e quelli che optano per il nuovo sistema: sono soggetti all’applicazione integrale delle nuove regole di accesso e del metodo di calcolo contributivo.

Come funzionano: nel "retributivo" la pensione è calcolata in relazione alla retribuzione percepita nell’ultimo periodo della vita lavorativa mentre nel "contributivo" è calcolata in ragione dei contributi versati lungo l’arco della intera vita lavorativa.. Ricorrendo ad un parallelo fotografico il metodo retributivo determina la pensione come “ritratto” unicamente dell’ultima fase della vita lavorativa dell’individuo, per definizione quella più favorevole (si pensi agli scatti di anzianità, agli adeguamenti contrattuali, alle progressioni di carriera); il metodo contributivo determina invece la pensione in funzione della intera vita lavorativa del soggetto, mediando quindi i periodi iniziali di carriera con la fase finale.

Andando più nel dettaglio:
1.metodo retributivo: le variabili principali del calcolo per la determinazione dell’importo pensionistico sono costituite dalla retribuzione di riferimento e dall’aliquota di calcolo. Andando ad una disamina più puntuale, fino al 31 dicembre 1992, per i lavoratori dipendenti, la pensione era calcolata sulla base della media delle retribuzioni lorde, rivalutate, degli ultimi 5 anni.

Dal 1 gennaio 1993 il decreto legislativo 503/1992 ha introdotto il calcolo della pensione in due quote, ciascuna con propri coefficienti di rivalutazione e di rendimento degli stipendi:
- quella riguardante l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1992, calcolata sullo stipendio medio degli ultimi 5 anni di lavoro (quota A);
- quella riguardante l'anzianità maturata successivamente a tale data (che fa pertanto da spartiacque), calcolata sullo stipendio medio degli ultimi 10 anni (quota B).
Una volta determinate le retribuzioni da prendere in considerazione per le due quote, il passaggio successivo e definitivo è quello di quantificare la pensione in base a dei coefficienti di rendimento. Questi partono all'aliquota del 2% (sulla retribuzione pensionabile) e diminuiscono progressivamente all'aumentare dello stipendio.
Volendo abbozzare una formula:
sistema retributivo: pensione = anni di contribuzione x 2% x retribuzione media rivalutata.

2.metodo contributivo: la logica sottostante è quella di una capitalizzazione virtuale.
Nel metodo contributivo l’ammontare dei contributi si ottiene moltiplicando la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti oppure il reddito dei lavoratori autonomi, per l’aliquota di computo (33 per cento per i lavoratori dipendenti e 20 per cento per i lavoratori autonomi). La sommatoria dei contributi determina un montante individuale che viene rivalutato annualmente considerando come tasso di capitalizzazione la Variazione media quinquennale del PIL (Prodotto Interno Lordo), calcolato dall’ISTAT. La determinazione dell’assegno pensionistico deriva poi dalla conversione in rendita di tale montante al raggiungimento dell’età pensionabile, moltiplicandolo per un coefficiente di trasformazione che tiene conto della probabilità di sopravvivenza e dell’età dell’assicurato alla data di decorrenza della pensione; dal 1 gennaio 2010 hanno debuttato i nuovi coefficienti, adeguati all’innalzamento della speranza di vita con una ulteriore riduzione quindi dell’importo della pensione.
Sistema contributivo: montante contributivo (accumulato al tasso di crescita medio del pil nominale) x coefficiente di trasformazione.

L’esigenza previdenziale: Per i lavoratori che rientrano nel metodo retributivo vi è comunque una esigenza previdenziale, creandosi un gap previdenziale (differenza tra ultima retribuzione e pensione pubblica) . Il retributivo è stato infatti peggiorato nel corso del tempo (la base di calcolo è passata dalle ultime 5 alle ultime 10 retribuzioni).
Per chi rientra nell’applicazione del metodo contributivo e misto (in particolare i giovani) il gap previdenziale è molto elevato. Per dare una dimensione quantitativa molto interessante quanto emerge dal recente Rapporto previsionale della spesa pensionistica CER/CNEL secondo cui i giovani che cominciano a lavorare oggi dovranno aspettare circa 5 anni in più dei loro genitori se vogliono mantenere lo stesso tenore di vita.

Tra chi rientra nell’applicazione del contributivo, il gap previdenziale si accentua per le categorie che hanno bassa aliquota contributiva rispetto ai lavoratori dipendenti (33% del reddito lordo complessivo), dotati tra l’altro anche del tfr (trattamento di fine rapporto). Si evidenziano in particolare i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti) che versano aliquota del 20%, i lavoratori flessibili (co.co.pro, collaboratori occasionali) che dal 1 gennaio 2010 hanno aliquota del 26,72% e sono caratterizzati poi da periodi discontinui di attività con relativi vuoti contributivi ma anche i liberi professionisti (avvocati, ingegneri, architetti, medici, dottori commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro)


9 febbraio 2010
da ilmessaggero.it

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