venerdì, aprile 15, 2011

Cestiti uniti contro il razzismo

Il basket contro il razzismo:
giocatori
in campo con la pelle tinta di nero

"Vorrei la pelle nera", iniziativa della Federbasket
I tifosi di Cantù smentiscono i cori: Albiola chieda scusa

ROMA - La Federbasket ha lanciato una campagna contro il razzismo, Vorrei la pelle nera, con l'invito di colorarsi la pelle di nero. Il prossimo fine settimana i giocatori dei campionati di pallacanestro, dalla Serie A, alle serie minori, si tingeranno la pelle in segno di solidarietà con Abiola Wabara, la cestista di colore colpita da insulti razzisti durante la sfida ai A1 femminile tra la sua squadra la Bracco Geas di Sesto San Giovanni e il Como, per gara 2 dei quarti di finale dei playoff.

L'idea della Federazione Italiana Pallacanestro di promuovere una campagna di sensibilizzazione contro il razzismo nasce dopo gli insulti razziali ad Abiola Wabara. Partendo dalla piena solidarietà ad Abiola, la Fip vuole chiarire a voce alta che è contro ogni tipo di razzismo. «Il basket è sempre stato caratterizzato dalla multirazzialità. I giocatori stranieri e di altre etnie hanno, nel tempo, permesso al nostro sport di crescere e di affermarsi -spiega la Federazione-. La Fip chiede a tutte le componenti del movimento e agli appassionati, nella prossima giornata di campionato, di colorare la propria pelle con un segno nero, ben visibile, in rappresentanza dei colori di tutte le etnie, per sentirci tutti uguali». Aderiscono alla campagna che sarà organizzata per sabato e domenica: Lega di Serie A, Legadue, Lega Nazionale Pallacanestro, Legabasket Femminile, Usap, Giba, Aiap.

I tifosi organizzati dei gruppi Eagles Cantù e Ultras Como in una nota chiedono ufficialmente le scuse di Abiola Wabara, la cestista della Geas Sesto San Giovanni che ha denunciato di essere stata oggetto di cori razzisti durante la partita con la Comense di una settimana fa. «Siamo giunti ad una conclusione chiara ed inequivocabile - sostengono -: Abiola Wabara mente. Senza giri di parole, la questione è questa, non c'è stato alcun coro razzista.
Come spesso succede, la colpa di ogni nefandezza viene addossata ai famigerati ultras», i due gruppi hanno voluto chiarire che al palasport non c'erano, e poi hanno accusato la Wabara di «reclamare giustizia ma praticare furbizia. Siamo giunti ad una conclusione chiara ed inequivocabile: Abiola Wabara mente. Senza giri di parole, la questione è questa, non c'è stato alcun coro razzista».

«I cori razzisti, benchè asseritamente ripetuti per tutta la partita - si legge nel comunicato -
non li hanno sentiti gli arbitri che niente hanno riportato a referto nè sono stati sentiti dai dirigenti della squadra comasca nè dal migliaio di spettatori presenti. La verità è che la giocatrice, a fine partita è andata verso i tifosi con fare minaccioso e mostrando ripetutamente il dito medio, a quel punto probabilmente si è accorta di aver esagerato e di rischiare una squalifica e si è giustificata con la provocazione dei cori razzisti». I tifosi pertanto chiudono con due inviti: «A chi era presente mercoledì, e può riferire quanto realmente successo, a farsi avanti e dichiararlo apertamente mandando una mail ai quotidiani locali e nazionali o scrivendo direttamente alla Questura; il secondo, ad Abiola Wabara, che porga le sue scuse a noi, a tutto il pubblico presente, alla Società Comense e, soprattutto, che si scusi con tutti coloro che vittime di cori razzisti lo sono stati davvero».

13 aprile 2011
da ilmessaggero.it

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