mercoledì, novembre 04, 2009

La città fantasma

Reportage dalla "zona rossa" avvolta in
un' atmosfera spettrale in mezzo alle macerie
Così sta morendo
il centro dell'Aquila

Non sono iniziate né le demolizioni né le ristrutturazioni.
E ora il maltempo può peggiorare ancora le cose

L'AQUILA - L'anima della città. Con queste parole gli aquilani si riferiscono al centro storico, in pratica alla città dell'Aquila periferie escluse. Ma da quasi sette mesi il centro si chiama "zona rossa", nessuno può metterci piede e ad entrare sono solo i Vigili del fuoco e le ditte che si occupano di puntellare gli edifici danneggiati e di completare i traslochi delle abitazioni rimaste in piedi. Eppure, sette mesi dopo, il centro dell'Aquila non è troppo diverso da come si presentava dopo il sisma. Le macerie sono presenti in maniera stupefacente, insieme a calcinacci, polvere, spazzatura e insieme a quei brandelli di vite distrutte che avevamo visto a poche ore dal sisma. Gli oggetti personali, le foto, gli indumenti, le bambole, i monitor dei computer, mescolati a pezzi di intonaco, mattoni, cornicioni venuti giù.

NESSUNA DEMOLIZIONE O RESTAURO - Nel centro storico dell'Aquila non è partito il programma di demolizione degli edifici ormai irrecuperabili. Non è partito il restauro degli edifici privati, di quelli pubblici, nè di quelli di interesse artistico ed architettonico. E sono tanti. In molte zone le strade sono state ripulite e le macerie ammassate al centro di una piazza o all'angolo di una strada. La Regione Abruzzo ha dato disposizione per ampliare i siti dove potranno essere conferiti i resti degli edifici terremotati, ma per il momento l'operazione non è ancora partita. Il primo problema della "zona rossa" è proprio questo: togliere le macerie. I Vigili del fuoco lavorano senza sosta per cercare di proteggere tutti quegli edifici di straordinaria bellezza - le chiese, le cattedrali, i palazzi storici - dall'inevitabile. Dopo un primo assaggio amaro di autunno e un paio di settimane quasi estive, all'Aquila sta per arrivare il freddo, la pioggia, l'inverno.

«LA CITTA' STA MORENDO» - «Fin ora la priorità - giustissima - è stata quella di dare un tetto a chi lo aveva perso», racconta Marina Marinucci, giornalista della redazionale aquilana de "Il Centro". «Ma nel frattempo - dice - la città sta morendo, non è iniziato nessun lavoro di recupero e di restauro, e tra poco sarà troppo tardi». Il centro è praticamente ovunque puntellato. Cornici di legno a tenere le finestra, grandi cinghie a cingere un loggiato, innocenti ovunque, e poi tubitiranti, perni d'acciaio applicati alle facciate, altro legno per fare da contrafforte ad un costone che sembra reggersi per miracolo. La città sembra, in alcune zone, come bombardata. Non è solo un problema del centro storico, ci sono le periferie, c'è Santa Barbara, Pettino, San Giuliano. Eppure, da quando i riflettori sulla "zona rossa" si sono spenti, tra gli aquilani serpeggia un pensiero terrificante. La città dell'Aquila, così come l'hanno conosciuta, abitata, amata e vissuta, non esisterà più, non potrà più risorgere. I problemi abitativi sono stati parzialmente risolti, mentre quattromila persone restano nelle tende ed altre migliaia aspettano una casa stando in un albergo sulla costa. «Ma qui, all'Aquila - dice la Marinucci - non c'è più una chiesa intera, e tutti i palazzi delle istituzioni, dalla Prefettura al Comune alla Provincia, sono fortemente danneggiati e la pioggia e il maltempo arriveranno presto a finire il lavoro. E poi ci sono ancora palazzi interi da puntellare. Tornerà mai a vivere tutto questo?».

CORSI UNIVERSITARI NON SI FERMANO - Anna Tellini insegna Letteratura russa alla facoltà di Lettere e filosofia. Insegna, non insegnava. Anche se la facoltà è crollata interamente, come quella di ingegneria. «Dopo il terremoto le lezioni le abbiamo terminate sotto una tenda, al Polo di Coppito, dove c'è la facoltà di scienze. Poi gli esami estivi si sono svolti all'aperto, sul prato. E poi dal 19 ottobre abbiamo ripreso le lezioni a Bazzano, in un capannone industriale. Il secondo semestre invece lo facciamo nel carcere minorile. Al prossimo anno accademico non voglio nemmeno pensare». Si stima che i danni riportati dall'Ateneo dell'Aquila si aggirino tra i 150 e i 180 milioni di euro. Il calo degli iscritti è stato - prevedibilmente - vistosissimo. I fuori sede non sanno più dove stare, molti studenti hanno difficoltà ad andare avanti. «Molti di loro hanno crisi di panico, non è facile lavorare. Però noi restiamo - dice Anna Tellini - per non condannare questa città a morte certa. Resistiamo per mantenere viva l'anima della città». L'anima della città. Tutti usano questa espressione. L'anima si chiama Collemaggio, si chiama Santa Maria Paganica, sventrata e scoperchiata - bellissima anche nella sua devastazione - che non può essere coperta e protetta perchè ogni protezione volerebbe via. Si chiama Santa Maria degli Angeli, con la cupola di Raffaello, orrendamente sventrata e mirabilmente protetta. Si chiama Palazzo Ardinghelli, palazzo dei Nobili, di recente ristrutturazione, palazzo Margherita, la sede del Comune, palazzo Quinzi, che la Provincia, dopo averlo rimesso a nuovo aveva dato al liceo classico. Tutto distrutto. Gusci vuoti, come il rettorato, o come il Duomo, all'apparenza, nella facciata, salvo, ma imploso dentro e a cielo aperto.

PIAZZA DUOMO - Il giro nella "zona rossa" popolata solo da uomini con la divisa dei pompieri, continua. Siamo in piazza del Duomo, la piazza del mercato, quella dove i contadini dei dintorni portavano tutte le mattine quanto di buono produce questa terra. Sembra un ricordo lontanissimo. Ma soprattutto, ora, sembra un'utopia. Anna Cerasoli è una scrittrice che ha appena preso parte ad un festival letterario. Il festival si chiama "Minimondi" e normalmente si svolge a Parma. Dopo il terremoto, le organizzatrici Silvia Barbagallo e Paola Cantarello, hanno deciso di portare un pezzo del festival all'Aquila. Una parte degli scrittori che hanno partecipato al festival, prendono parte a questo sconvolgente tour nella "zona rossa" dell'Aquila. Mentre Anna Cerasoli parla, inizia a piovere e lei scuote la testa. Con la mano indica delle macerie da cui spuntano dei cespugli. «Sono passati sette mesi e siamo ancora in queste condizioni, la pioggia intride le macerie, le case pericolanti, le chiese, tutto marcirà. Sembra impossibile pensare al fatto che l'Aquila diventerà una new town e di tutto questo non rimarrà niente». Il racconto della Cerasoli viene interrotto dalla professoressa di letteratura russa. Anna Tellini, mentre camminiamo nelle strade più strette del centro dice: "io abitavo qua". Vuole farci vedere solo l'androne, ma i Vigili del fuoco che ci accompagnano dicono che non è sicuro, che non si può. Il tira e molla va avanti per alcuni minuti, ma dentro, non si può entrare. Tutto sembra sul punto di crollare da un momento all'altro.

TERREMOTO PARTY - Il giro continua, in un silenzio religioso rotto solo dal rombo delle ruspe al lavoro. Si passa davanti ai luoghi simbolo catastrofe aquilana. La farmacia più antica della città, quella della dottoressa Carli, morta a casa sua nel crollo del 6 aprile. Il Convitto, dove diversi ragazzi hanno perso la vita. In tutto all'Aquila sono morti 55 studenti universitari, 8 alla casa dello studente, diventata un simbolo. Anna Cerasoli prova a raccontare la storia di una mamma che ha perso la figlia di nove anni. «Mi raccontava dei laboratori della sua scuola intitolati ai bambini morti, e commentava che le altre erano state fortunate, perché erano morte insieme alle loro mamme». Il racconto si interrompe. C'è commozione anche nelle parole di Marina Marinucci, quando passiamo davanti alla sede della sua redazione, squassata dal sisma come tante case in via XX Settembre, strada che ha pagato un tributo altissimo di vittime. E poi un pub, sempre in centro, sempre nella "zona rossa", lascia tutti senza parole. Guardando dall'ingresso a vetri si legge una scritta su di una lavagna. «Stasera Terremoto party. Moyto a 3 euro. Dj set. Parola di Gas». Sulla lavagna una data: sabato 4 aprile 2009. Una festa annunciata per esorcizzare la paura, due giorni prima del terremoto, nel cuore dell'anima della città.

28 ottobre 2009
da corriere.it

Stesse sensazioni provate ad agosto... e con l'inverno l'idea di esser in un posto surreale sarà amplificata ulteriolmente...
Dai racconti degli aquilani si capisce che il cuore, la vita della città era davvero tutta nel centro storico... e ci vorranno decenni x cercar di recuperarne una parte (x' tutto è impossibile e, termine bruttissimo, "economicamente" non fattibile)... ed i terremotati ne sono assolutamente consapevoli... una signora sulla 40ina mi ha detto: "Io so che non vedrò mai più la mia città com'era, forse avranno questo privilegio le mie figlie, ma io no di certo"...

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