lunedì, luglio 30, 2012

La crisi a Brescia

Su segnalazione di manu...

Brescia, la capitale dell’industria
non vede la fine del tunnel
Nel 1897, a Brescia, fu fondata la prima associazione degli industriali d’Italia. Da allora a oggi, tanti boom e tanti nuovi distretti. Oggi vengono presentati i nuovi dati, che Linkiesta analizza in anteprima, e la contrazione per il 2012 si presenta ancora più robusta delle attese. Pesa, soprattutto, il crollo della domanda interna e anche il Bresciano scopre la durezza della recessione. Iniziamo oggi il nostro viaggio nel Nordest che prova a resistere alla crisi.


BRESCIA – La fabbrica, forse, è impossibile da raccontare. È un mondo chiuso, per motivi pratici, ancor prima che teorici; narrativi. Da fuori non la si può assimilare. Permette solo brevi ricognizioni. All’esterno traspare nelle sue mitologie (sindacali, imprenditoriali…). Nelle realtà percepite dall’operaio, dall’impiegato, dal dirigente, dal padroncino… Si presta alla metafora, anche grossolana; antropomorfa. Diventa un corpo. In questa fase infinita di crisi, un corpo malato. La terminologia stessa sfora dal campo semantico della scienza economica. Quando la recessione diventa depressione, si è ormai alla psicopatologia della fabbrica, o di un intero territorio industriale. E nella depressione, si sa, i sintomi alterano il modo in cui si ragiona e si raffigura se stessi e il mondo esterno.

Il Bresciano non è un posto qualsiasi, se si parla di industria. Non a caso è nata qui la prima associazione industriale d’Italia, l’Aib. Era il 14 aprile del 1897. Non a caso nel Novecento ha rappresentato un luogo per antonomasia dello sviluppo italiano. Capitale – tra le tante altre produzioni locali – del tondino zigrinato; elemento strutturale imprescindibile di un Paese che cresce e si arma di cemento. L’azienda, la fabbrica, qui fa parte non solo del panorama, ma del modo stesso di raffigurarsi, di dar senso alla vita. E allora nel vederla così improvvisamente cagionevole, ci si aggrappa a ogni miglioramento, anche apparente, della grande malata. E si soffre per le ricadute.

Ma stavolta non è solo un malanno di stagione. E così le recidive arrivano, puntuali e sempre più preoccupanti. Il quadro clinico s’aggrava. Escono oggi, 25 luglio, i dati del secondo trimestre di quest’anno, raccolti e studiati dall’Associazione industriale bresciana. La diagnosi è chiara: «Brusca contrazione della produzione industriale nel secondo trimestre 2012 (-1,9%)». Ed ecco i sintomi: «Nel secondo trimestre del 2012 l’attività produttiva delle imprese manifatturiere bresciane ha registrato una significativa flessione, dopo il modesto incremento evidenziato nei primi tre mesi. L’industria locale ha fortemente risentito della debolezza della domanda interna, del peggioramento del quadro macroeconomico europeo e del rallentamento degli ordini provenienti dai mercati extra Ue, che avevano rappresentato il principale sostegno al made in Brescia negli ultimi mesi. Nel dettaglio, la produzione industriale bresciana evidenzia un calo dell’1,9 per cento rispetto al primo trimestre e del 7,3 per cento nei confronti del secondo trimestre del 2011. Il tasso acquisito, ovvero la variazione media annua che si avrebbe se l’indice della produzione non subisse variazioni fino alla fine del 2012, è pari a meno 4,0 per cento. La distanza dal picco di attività pre-crisi del primo trimestre 2008 sale a -26,1 per cento, mentre il recupero dai minimi della recessione (estate 2009) si riduce a +3,4 per cento».

In questa situazione, le previsioni sono scontate, nel breve periodo: nuova contrazione della produzione, dell’occupazione e della domanda (sia dal mercato interno che europeo). Un po’ meno pessimismo per gli ordini dai Paesi extracomunitari (comunque in calo). E guardando un po’ più lontano, tanta incertezza. Perché a condizionare tutto ci saranno gli sviluppi della crisi del debito sovrano in Europa, le paure sulla tenuta dell’euro, le ricadute sulla disponibilità del credito, sulle esportazioni nell’eurozona, sulla fiducia di famiglie e imprese.

L’analisi della Confindustria bresciana su questo secondo trimestre 2012 permette anche di farsi un’idea più precisa settore per settore:

• Abbigliamento
La produzione è diminuita dell’1,7% rispetto al primo trimestre 2012 e dell’8,5 sul secondo trimestre del 2011. I consumi energetici hanno registrato una flessione analoga a quella della produzione. Le vendite sono aumentate sia in Italia che all’estero. I costi di acquisto delle materie prime sono cresciuti dello 0,9%, mentre i prezzi di vendita sono rimasti invariati. Le prospettive a breve sono negative per la produzione, la manodopera e gli ordinativi interni; positive per gli ordini dall’estero.

• Agroalimentare e caseario
La produzione è diminuita dello 0,1% rispetto al primo trimestre, mentre è aumentata del 3% nei confronti del secondo trimestre del 2011. I consumi energetici sono diminuiti dello 0,4%. Le vendite sono in crescita in Italia e praticamente stabili sui mercati esteri. I costi di acquisto delle materie prime sono aumentati dello 0,3% e i prezzi di vendita sono cresciuti dello 0,1%. Le aspettative a breve sono positive per la produzione, la manodopera e gli ordini dall’Italia, mentre sono negative per gli ordinativi dai mercati esteri Ue ed extra Ue.

• Calzaturiero
La produzione è calata dello 0,6% rispetto al trimestre precedente e del 4,6% sullo stesso periodo del 2011. I consumi energetici hanno registrato un decremento dello 0,7%. Le vendite hanno segnato una dinamica negativa, più accentuata sul mercato interno. Sia i costi di acquisto delle materie prime che i prezzi di vendita dei prodotti sono calati dello 0,1%. Le previsioni per il terzo trimestre sono negative per tutte le variabili considerate, ad eccezione degli ordinativi dai mercati esteri, attesi stazionari.

• Carta e stampa
La produzione si è ridotta del 2,9% rispetto al trimestre precedente e del 14,5% nei confronti del secondo trimestre 2011. I consumi energetici sono diminuiti dell’1,8%. Le vendite in Italia hanno registrato un andamento negativo; sono aumentate verso i Paesi Ue; sono rimaste stabili verso i Paesi extra Ue. I costi di acquisto delle materie prime non sono variati, mentre i prezzi di vendita dei prodotti finiti sono diminuiti dell’1,4%. Le prospettive a breve sono stazionarie per tutte le variabili oggetto dell’indagine.

• Chimico, gomma e plastica
La produzione è calata dell’1,9% rispetto ai primi tre mesi di quest’anno e dello 0,4% nei confronti del secondo trimestre 2011. I consumi energetici sono diminuiti dello 0,9%. Le vendite sono cresciute sul mercato nazionale, mentre sono risultate in flessione sui mercati esteri. I costi di acquisto delle materie prime sono aumentati dell’1,3%, mentre i prezzi di vendita sono stati rivisti al rialzo dello 0,4%. Le prospettive per il prossimo trimestre sono negative per tutte le variabili considerate, ad eccezione degli ordini dai Paesi Ue che sono attesi in aumento.

• Legno e mobili in legno
La produzione ha registrato una contrazione del 2,2% sul trimestre precedente e del 3,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I consumi energetici hanno segnato un decremento del 2,3%. Le vendite si sono ridotte in Italia e sui mercati comunitari; sono rimaste stabili sui mercati extra Ue. I costi di acquisto delle materie prime sono cresciuti dello 0,1%, mentre i prezzi di vendita sono diminuiti dello 0,6%. Le prospettive a breve sono negative per la produzione, la manodopera e gli ordinativi interni; stabili per gli ordini Ue e in aumento per quelli extra Ue.

• Maglie e calze
La produzione è cresciuta dell’1,1% sul periodo precedente, mentre è diminuita del 3,1% rispetto al secondo trimestre 2011. I consumi energetici sono aumentati dell’1,1%. Le vendite sono diminuite sia in Italia che sui mercati esteri. Sia i costi di acquisto delle materie prime che i prezzi di vendita dei prodotti sono calati dello 0,3%. Le aspettative a breve termine sono negative per tutte le variabili considerate, in particolare per la produzione e la manodopera.

• Materiali da costruzione ed estrattive
La produzione è cresciuta del 2,0% sul primo trimestre di quest’anno, ma la variazione rispetto al secondo trimestre del 2011 è fortemente negativa (-10,6%). I consumi energetici sono cresciuti del 2,7%. Le vendite sono aumentate sia in Italia che sui mercati esteri. I costi di acquisto delle materie prime sono incrementati dello 0,6%, mentre i prezzi di vendita dei prodotti finiti sono cresciuti dello 0,1%. Le prospettive a breve sono negative, soprattutto per quanto riguarda la produzione e gli ordini dai Paesi extra UeE.

• Metallurgico e siderurgico
La produzione è cresciuta del 2,1% sul primo trimestre, ma è diminuita del 6,2% nei confronti dello stesso periodo dello scorso anno. I consumi energetici sono aumentati del 2,4%. Le vendite sono calate, in particolare sul mercato comunitario. I costi di acquisto delle materie prime sono diminuiti (-0,6%), così come i prezzi di vendita (-0,7%). Le aspettative a breve sono sfavorevoli per tutte le variabili oggetto dell’indagine.

• Meccanica di precisione e apparecchiature elettriche
L’attività produttiva ha evidenziato un calo dello 0,9% sul trimestre precedente e dell’11,7% rispetto al secondo trimestre 2011. I consumi energetici sono calati dello 0,6%. La dinamica delle vendite è risultata positiva, in particolare per i mercati extra Ue. I costi di acquisto delle materie prime sono diminuiti dello 0,1% e i prezzi di vendita sono calati dello 0,6%. Le prospettive a breve sono positive per tutte le variabili considerate, in particolare per gli ordinativi dai mercati extra Ue.

• Meccanica tradizionale e mezzi di trasporto
La produzione è calata 3,9% rispetto al trimestre precedente e dell’8,4% nei confronti dello stesso periodo del 2011. I consumi energetici sono diminuiti del 4,1%. Le vendite sono diminuite sia in Italia che verso l’estero. I costi di acquisto delle materie prime sono calati dello 0,2% e i prezzi di vendita sono diminuiti dello 0,4%. Le previsioni a breve termine sono negative per tutte le variabili, in particolare per gli ordini dal mercato interno e dai Paesi Ue.

• Tessile
L’attività produttiva è diminuita del 2,1% rispetto al trimestre precedente e del 6,7% sullo stesso periodo dell’anno scorso. I consumi energetici hanno subito una flessione dell’1,0%. Le vendite sono diminuite, moderatamente in Italia e più marcatamente sui mercati esteri. I costi di acquisto delle materie prime sono calati del 2,2%, mentre i prezzi di vendita hanno subito un ribasso dell’1,5%. Le previsioni a breve sono negative per tutte le variabili, in particolare per la produzione e gli ordinativi interni.


Insomma, segnali di uscita dalla crisi non se ne intravedono a Brescia e dintorni. Le vendite delle aziende bresciane sul mercato italiano sono diminuite per il 36% delle imprese, aumentate per il 24% e rimaste invariate per il 40%. Quelle verso i Paesi comunitari sono diminuite per il 30% degli operatori, aumentate per il 17% e rimaste stabili per il 53%; quelle verso i Paesi extra Ue sono calate per il 23%, cresciute per il 21% e rimaste invariate per il 56%. Il costo del lavoro è cresciuto per il 6% delle aziende ed è rimasto invariato per il 92%. Gli investimenti effettuati nel trimestre sono aumentati per il 19% delle imprese e rimasti costanti per il 68%. Le prospettive per i prossimi mesi sono ancora negative: l’attività produttiva è prevista in diminuzione dal 29% delle imprese, stabile dal 58% e in aumento soltanto dal 13%. Gli ordini provenienti dal mercato domestico sono previsti in diminuzione dal 34% delle imprese, stabili dal 57% e in aumento dal 9%. E anche l’occupazione ne risentirà.

Anche a Brescia, le esportazioni erano ritenute, fino a pochi mesi fa, l’unica cura possibile.
L’unico modo per uscire dalla recessione. Ma già nel primo trimestre del 2012, l’export ha segnato il passo, per la seconda volta negli ultimi nove mesi. I miglioramenti del malato si sono bruscamente interrotti. La tendenza negativa delle esportazioni bresciane (-1.4%) – primo trimestre 2012 rispetto agli ultimi tre mesi del 2011 – risulta superiore sia a quella della Lombardia (- 0,3%) che a quella nazionale (- 1,0%). Tranne l’India, hanno inciso negativamente tutti i mercati di sbocco: Stati Uniti (-9,8%), Turchia (-24,7%), Brasile (-20,6%) e anche la Cina.

A ridosso del grande crollo del 2009 il Giornale di Brescia aveva preparato una cartina della crisi (che riproduciamo qui sotto). Si trattava di una specie di mappa sismica che evidenziava più epicentri: il capoluogo e il suo hinterland, ma anche l’Ovest e l’Est Bresciano, la Bassa, la Valsabbia e la Valtrompia. Insomma, tutti i passati orgogli della Brescia produttiva. Tre anni dopo quella mappa andrebbe aggiornata, ma alzando pressoché ovunque il rischio sismico di una recessione che ha messo a rischio migliaia di posti di lavoro.


Ultima analisi per completare il quadro clinico, è quella delle nascite e delle morti delle imprese bresciane, grazie al registro tenuto dalla Camera di Commercio. Ora le imprese sono 122.481. Le imprese neonate sono state 1.892 (- 4,6% rispetto allo stesso periodo del 2011), mentre le cessate sono state 1.412 (+ 11,0% rispetto al secondo trimestre dell’anno precedente). Il bilancio del periodo risulta comunque positivo per 480 unità, anche se c’è un rallentamento. Ma quello che fa riflettere è la differenza di tipo di azienda, tra chi nasce e chi muore. I saldi negativi più consistenti si hanno nelle “attività manifatturiere” (- 19), nelle “costruzioni” (- 11); nel “commercio all’ingrosso e al dettaglio” (- 82). Le maggiori voci di crescita in “servizi di alloggio e di ristorazione” (+ 18); “servizi di informazione e comunicazione” (+ 17); “attività professionali, scientifiche e tecniche” (+ 37); “noleggio, agenzie di viaggio, servizi alle imprese” (+ 35); “attività artistiche, sportive, di intrattenimento” (+ 22).

Capitale del tondino, addio?

25 luglio 2012
da linkiesta.it

1 commento:

lu ha detto...

Per un'azienda che chiude i lavoratori licenziati aprono 2-3 partite iva per trovare lavoro sottopagato come collaboratori... ecco perchè il bilancio aperte-chiuse è in positivo.
Ma è un falso positivo...
La Provincia, istituzione inutile a questo punto, cosa fa per tutelare il proprio territorio?
Deve essere Roma a pensarci?