Il movimento organizzato in "franchising"
Il comico "unico titolare dell'uso del simbolo"
Il leader c’è, la base anche. In mezzo, niente. Quel che differenzia il movimento Cinquestelle di Beppe Grillo dagli altri partiti è l’assenza di quadri intermedi, dagli ormai in via di estinzione funzionari ai sempreverdi segretari, coordinatori, portavoce, direttivi, responsabili, referenti, probiviri, insomma ogni possibile organo monocratico o collegiale. Niente di niente.
«Il Movimento 5 Stelle è una “non Associazione” (...) che trae origine e trova il suo epicentro nel blog www.beppegrillo. it». Così è scritto nel «non statuto» del movimento: appena 7 articoli e 675 parole contro i 46 articoli e le 11895 parole dello statuto del Pd e i 51 articoli e le 8243 parole di quello del Pdl.
Per non farsi venire tentazioni, mancano anche le sedi. «La “sede” coincide con l’indirizzo Web. I contatti con il Movimento sono assicurati esclusivamente attraverso posta elettronica all’indirizzo Movimento5stelle@beppegrillo.it». In tutta Italia non esiste un ufficio a dispetto di circa duecentomila iscritti, peraltro sui generis: niente tessere, si aderisce registrandosi sul blog di Grillo e non si diventa soci di alcunché.
Una rete, un mondo piatto. Sopra tutto e tutti, Grillo. Statutariamente «unico titolare dei diritti d’uso» sul contrassegno, concesso ai gruppi promotori delle liste locali dopo un filtro sui requisiti dei candidati: certificato penale immacolato, nessuna iscrizione a partiti, non più di due mandati in qualsivoglia istituzione. Tutto via posta elettronica. La figura giuridica che meglio si attaglia è il franchising: il titolare del marchio fornisce l’insegna, l’assistenza, la consulenza sul metodo di lavoro. Poi ogni lista locale fa da sé.
A gestire blog, organizzazione del tour elettorale, rapporti con i gruppi locali, uso del marchio, adesioni e anche espulsioni è «lo staff», come lo chiamano i grillini. A capo c’è Gianroberto Casaleggio, manager OlivettiTelecom fino a una decina di anni fa, quando si mette in proprio fondando la Casaleggio Associati. Cervello della comunicazione e del marketing in Rete, è l’ideologo del grillismo, che infatti non è un merito, ma un metodo. La bibbia è un libro scritto da Grillo e Casaleggio e pubblicato da Chiarelettere. Titolo: «Siamo in guerra».
Nel 2005 Casaleggio ha inventato il blog di Grillo (più volte premiato a livello internazionale, oltre 5 milioni di accessi mensili ma traffico dimezzato rispetto al record di due anni e mezzo fa) e i meetup, rete di gruppi locali evoluti nel 2009 in movimento politico. Alla prima riunione dei meetup, nel pub milanese «Entropia», erano in 15. In pochi anni sono diventati centomila in 282 città di undici Paesi (ce n’è uno persino in Zambia).
In mezzo c’era stato il V-day, che aveva mobilitato 2 milioni di persone. Il giorno dopo, dalla Casaleggio arrivò una telefonata al trevigiano Franco Dal Col, militante di un meetup. Era l’ok a presentare la prima lista alle comunali del 2008. Risultato: oltre duemila voti, 4 per cento e ingresso nelle istituzioni. Nel 2010 Dal Col è stato «scomunicato»con un messaggio pubblicato sul blog di Grillo «per iniziative contrarie al movimento». Altri casi si sono verificati in Emilia Romagna, fino alla riunione dei «dissidenti» a Rimini. Il movimento però è compatto. «La rete fa ciò che decide quello che l’amministra», dice Dal Col.
Dopo quattro anni, il movimento Cinquestelle ha eletto 130 consiglieri comunali e quattro regionali (Emilia Romagna e Piemonte). L’ultimo sondaggio Swg gli attribuisce il 7,3 per cento delle intenzioni di voto. Alle prossime elezioni, presenta 101 candidati sindaco. Età media 38 anni, il 20% donne. Professioni più diffuse: informatici, ingegneri ambientali, impiegati, insegnanti (screening fatto da «L’Espresso»).
Grillo non scuce un euro, il suo contributo economico è in natura con i comizi, grazie ai quali i gruppi locali fanno il pieno di pubblico, visibilità mediatica, donazioni. Due anni fa, i piemontesi raccolsero ai banchetti e sul web 20 mila euro, spendendone solo 16 mila per la campagna elettorale conclusa con il 4 per cento dei voti, quarta forza in regione e due consiglieri eletti (si sono ridotti lo stipendio da 9 mila euro al mese a 2500). A Genova, la principale città in cui si vota a maggio, la campagna elettorale costerà 6500 euro.
«Grillo lo sentiamo sempre di meno, ormai una volta al mese», spiega il consigliere piemontese Davide Bono. Di vederlo, comizi a parte, non se ne parla. Per il resto, c’è lo staff. A cui si segnalano video e iniziative: ogni giorno alcuni vengono rilanciati sul blog. Così un video passa da 300 visualizzazioni su youtube a 50 mila in un giorno.
Bono riceve 300 mail al giorno di piemontesi che segnalano problemi e chiedono aiuto. Per questo ha deciso di utilizzare una parte dei fondi che il consiglio regionale mette a disposizione per l’attività istituzionale (circa 100 mila euro l’anno) a pagare avvocati per i comitati locali che si oppongono a grandi opere e a «progetti cinquestelle» presentati da cittadini e in linea con le idee del movimento. L’ultima premiata, una compostiera per rifiuti in una scuola. Chiesta da un gruppo di maestre, è costata 1500 euro.
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