Teresa Sarti non c’è più, o meglio il suo corpo, spazzato via da un male che l'ha aggredito due anni fa, non c’è più, perché nulla, davvero nulla potrà mai cancellare la sua bellezza dolce, rassicurante e forte.
L’ho conosciuta tanti, tanti anni fa, quando Emergency che aveva fondato, di cui era Presidente, per dare forza all’impegno di suo marito, Gino Strada, per alleviare il dolore di bimbi, madri, padri, dilaniati dalle bombe in ogni angolo del mondo, era un piccolo ufficio in V.Bagutta a Milano. Ed io, che allora lavoravo a Epoca, ero andata a trovarla per raccontare la campagna “antimine” che Emergency aveva ideato per raccogliere fondi a favore dei mutilati dalle potenti e silenti mine che strappavano gambe, braccia e le facevano volare in aria come fossero coriandoli, di chiunque camminasse sui terreni dove le mine erano rimaste inesplose.
I suoi folti e ricci capelli rossi, la sua voce dolce, la sua gestualità misurata mi conquistarono immediatamente. Capì che a muovere ogni sua parola, ogni suo gesto, era la passione. Una passione contagiosa. Capì, ancor più di quanto credessi, che non tutte le donne sono “grandi” in quanto donne. No, sono grandi le donne che, come Teresa, rifuggono i riflettori e cercano il cuore per parlare, per farsi capire, per urlare indignazione, per esigere rispetto. Che non hanno bisogno di apparire per contagiare la loro grandezza perché la loro grandezza la senti a pelle, la leggi nei loro occhi, occhi che accolgono. Ci credeva davvero Teresa in tutto ciò che faceva, sostenuta dalla condivisione e dall’amore del suo uomo. Un amore che viveva e si rafforzava nella lontananza perché si nutriva di ideali autentici, di quella coerenza di cui abbiamo bisogno come il pane. Sapere che lei c’era mi dava forza. Così come mi davano forza quelle parole con cui, quando ci sentivamo, chiudeva la telefonata: “ce la possiamo fare se lo vogliamo davvero”.
Ce la possiamo fare a rendere più giusto questo Mondo, più uguale questo Mondo, più umano e delicato questo Mondo. Sì, Teresa, ce la possiamo fare. Anche grazie al tuo esempio, Teresa.
SANDRA AMURRI
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