lunedì, maggio 22, 2006

21 maggio 2006

Strettamente personale

Il grande show della politica

Al discorso di insediamento di Napolitano, una fotografia ritrae il Cavaliere seduto, immobile, le
mani congiunte, a testa china.

Il dolore non risparmia nessuno: neppure Silvio Berlusconi. L'ho visto molto teso, con la pelle pi� tirata del solito e gli occhi a fessura. Al discorso di insediamento di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica, una fotografia ritrae il Cavaliere seduto, immobile, le mani congiunte, a testa china, con a lato e in piedi Fini e Martino che civilmente applaudono. Devono avergli fatto un dispetto perch� l'ordine era di stare composti come a un funerale. Ma la vera irritazione il leader di Forza Italia l'ha avuta perch� Napolitano, nel suo intervento a Camere riunite, non l'ha citato nei saluti iniziali.
Capisco che per il padrone di Mediaset, che si sente l'Unto del Signore, un po' pi� alto di Napoleone, che entrava al Cremlino non sentendosi ospite ma lo zar, sia difficile rientrare nel ruolo del comprimario. Chiss� che cosa avr� pensato mentre interveniva il �comunista� del Quirinale. Questa � la vera sconfitta di un uomo che ha fatto dell'anticomunismo una bandiera, soprattutto quando non aveva altro da dire. Sarebbe giusto non dimenticasse che se � riuscito a costruire un impero dal niente, creare tre reti televisive come quelle di Stato, � stato grazie all'amicizia di un politico, Bettino Craxi, che non si � mai seduto sui banchi della destra.
Poi, se Silvio Berlusconi ha potuto fondare un partito e addirittura diventare capo del governo, dovrebbe ringraziare quanti, soprattutto i comunisti, durante la Resistenza, hanno combattuto perch� questo diventasse un Paese democratico. Ma va riconosciuto al Cavaliere uno straordinario senso dello spettacolo: basta che si accendano i riflettori e il suo volto si distende. E' successo il giorno in cui ha passato le consegne a Romano Prodi: davanti alle telecamere, eccolo di nuovo sorridente, pronto alla barzelletta, suonando un campanellino. Poi, per� le luci si sono spente.

Enzo Biagi

Nessun commento: