La responsabilità del direttore dei lavori e dell’appaltatore
Secondo l’attuale
giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, 31.01/1989, n. 593) l’appaltatore
gode di una propria autonomia operativa. Infatti la funzione direttiva in capo
al committente ed al direttore dei lavori può tutt’al più ridurre, ma non
annullare del tutto la libertà decisionale e di azione dell’appaltatore.
Quest’ultimo è comunque obbligato al rispetto della regola dell’arte e ad
assicurare un risultato tecnico in linea con le esigenze del committente
(C. Civ., Sez. II, 22.02.2000, n. 1965; Sez. II, 23.03.1995, n.
3384).
Vien da sé che
l’appaltatore è tenuto a segnalare al committente la contrarietà alle regole
dell’arte delle prescrizioni eventualmente impartitegli dalla direzione dei
lavori o riportate nei progetti, e non va esente da responsabilità per quegli
errori progettuali che gli siano sfuggiti laddove avrebbe dovuto avvedersi con
l’uso della normale diligenza nell’ambito delle cognizioni tecniche che gli sono
richieste (Id. n. 14598/2000, n. 5099/1995). In difetto egli risponde
comunque della cattiva esecuzione dell’opera (C. Civ. Sez. II, 26.07.1999, n.
8075; Id. n. 9562/1994), eventualmente assieme al progettista (Id. Sez.
II, 4.12.1991, n. 13039) e al direttore dei lavori.
La presenza del direttore
dei lavori, ausiliario del committente e suo rappresentante limitatamente alla
materia tecnica (C. Civ. Sez. II, 19.06.1996, n. 5632) non fa venir meno
la responsabilità dell’appaltatore che assume un’obbligazione sia di mezzi che
di risultato (Id., Sez. II, 21.10.1991, n. 11116) essendo tenuto a
individuare e correggere le carenze progettuali e/o le direttive tecniche
impartite dalla direzione dei lavori e che impediscano la realizzazione
dell’opera in conformità al rispetto della regola dell’arte.
L’appaltatore, per andare
esente da responsabilità per danni derivanti dall’imperfetta esecuzione
dell’opera, non può limitarsi a manifestare la propria perplessità o il proprio
parere contrario rispetto alle direttive del committente e del direttore dei
lavori, ma deve esprimere formalmente il proprio dissenso di modo che ne
possa restare traccia inoppugnabile.
La responsabilità
dell’appaltatore trova un limite nell’ipotesi in cui si dimostri che il
committente e/o il direttore dei lavori abbiano trasmesso direttive vincolanti
che abbiano ridotto l’appaltatore al ruolo di nudus minister. E’ onere
dell’appaltatore dimostrare che egli, nello svolgimento dell’appalto, abbia
avuto veste di semplice nudus minister. In tal caso la responsabilità
dovrà essere condivisa tra il committente e il direttore dei lavori, ovvero
riconducibile in capo esclusivo ad uno dei due soggetti.
L’appaltatore non può
ritenersi responsabile per quelle carenze che non siano rilevabili con la
normale diligenza in relazione alla perizia ed alla capacità tecnica da lui
esigibili nel caso concreto. Il concorso di responsabilità tra direttore dei
lavori ed appaltatore si configura se il direttore dei lavori non abbia
adempiuto colposamente al dovere di vigilanza oppure di direttiva. In
particolare se non abbia controllato la corretta esecuzione delle direttive
emanate da parte dell’appaltatore.
In conclusione sia che
l’appaltatore abbia eseguito passivamente le direttive impartitegli dal
direttore dei lavori, sia che il direttore dei lavori abbia trascurato di
esercitare la sorveglianza non intervenendo tempestivamente ad arrestare
l’esecuzione dell’appaltatore quando questa non era conforme alle regole
dell’arte o alle prescrizioni contrattuali, non può l’appaltatore sottrarsi alla
responsabilità. Normalmente la responsabilità del direttore dei lavori è
concorrente con quella dell’appaltatore poiché entrambi i soggetti hanno come
termine finale la corretta costruzione dell’opera.
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