Sanità, rivolta contro i tagli. La manovra riduce l'assistenza. Meno servizi a malati cronici e terminali
ROMA - Una sanità povera per i più poveri. È questo il sospetto che aleggia nell'aria e che preoccupa medici e sindacati, che bocciano senza appello le misure sulla sanità introdotte dal governo e si preparano a dare battaglia a settembre. Tagli ai posti letto negli ospedali, diminuzione degli organici, blocco del turn-over e nessun futuro per 12mila precari che lavorano nelle strutture ospedaliere. E tagli, ovviamente, ai fondi destinati alla sanità, perché il Patto per la salute, sottoscritto con le Regioni, è stato ridimensionato. E non è finita, perché con un tratto di penna il governo ha revocato il decreto votato dall'esecutivo Prodi che estendeva i livelli essenziali di assistenza ( i Lea) a nuovi servizi e categorie: dal dentista per gli indigenti alla fornitura di apparecchi per la mobilità, al parto indolore. Il decreto garantiva anche una maggiore assistenza ai malati cronici, a cominciare dall'Alzheimer; forniva gli apparecchi a chi non riesce più a parlare e a sentire; riconosceva 109 malattie rare, ampliava i servizi di protesi con l'introduzione di nuovi ausili informatici e rafforzava l'assistenza a domicilio ai malati terminali. Infine prevedeva il vaccino gratuito contro il papilloma virus, causa del cancro all'utero. Ora tutto questo è cancellato, o quanto meno sospeso. Non c'era la copertura finanziaria per quel decreto, è stata ieri la risposta del governo. E in effetti la Corte dei Conti aveva sollevato alcuni dubbi. "Ma si poteva discutere, ribatte la Cgil, anche perché proprio sulla copertura era stato concordato un piano con le Regioni. Alcune prestazioni sarebbero passate dall'ospedale al day hospital, e alcune oggi prerogativa dei day hospital, agli ambulatori". Da quel risparmio sarebbe arrivati i soldi per allargare le prestazioni, che invece ora il governo ha cancellato.
Una mossa che ha sollevato una protesta generale. Alla quale il ministro del Welfare (e della Sanità), Maurizio Sacconi, ha risposto così: "Il decreto del governo Prodi era un atto puramente elettorale", insomma una promessa. Le prestazioni, ha detto, "verranno reintrodotte, ci sta lavorando il sottosegretario Fazio". Oggi "non c'erano gli 800 milioni necessari a finanziare gli interventi". Parole che non convincono la Cgil: "Intanto il decreto è stato cancellato. Verrà ripristinato? Ma quando? A babbo morto. Il problema è che questa Finanziaria non incide sugli sprechi e il malaffare che sono da ricercare nel rapporto tra strutture pubbliche e private". Anche per l'ex ministro Livia Turco "le risorse c'erano, e sono state stralciate dal governo". La battaglia vede unite tutte le sigle sindacali. "Prendiamo atto che la legislazione ci è ostile - dichiara l'Anaao (medici ospedalieri) - e che le scelte fatte avranno come conseguenza un servizio sanitario più povero con professionisti demotivati. Ma le ricadute ci saranno soprattutto sui cittadini". I medici ospedalieri sono già sul piede di guerra: a ottobre hanno annunciato uno sciopero di tre giorni. Replica Sacconi: "La protesta fa parte di una logica vetero-sindacale". E nel "Libro verde" che presenterà oggi scrive: "Non c'è alcuna intenzione di smantellare il sistema del welfare né di tagliare la spesa sociale". (25 luglio 2008)
Su gentile segnalazione di Paola.
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