installazioni d'arte contemporanea a cura di Giampietro Guiotto Comune di Pisogne (Bs),
18 aprile – 10 maggio 2009, inaugurazione ore 17.30
Comunicato stampa
Il 18 aprile alle ore 17.30 si inaugurerà la mostra d’installazione d’arte contemporanea “Materia Inafferrabile” organizzata dal Comune di Pisogne (Bs) e curata da Giampietro Guiotto.Il percorso espositivo coinvolgerà tutto il paese, dalla Torre del Vescovo, alle piazze fino il lungolago attraverso installazioni di 6 artisti emergenti e una mostra di fotografia collocata presso la Sala Puda.Oltre ad un’installazione luminosa visibile solo di notte, la mostra accoglie le mucche da collezione di Forge Monchieri.La mostra è visitabile fino il 10 maggio 2009Artisti: Angelo Bordonari, Laura Agnello Modica, le mucche da collezione di Forge Monchieri, Resi Girardello, Ausilia Scalvinoni, Zizioli + Lorenzini.
Percorso mostra
Lungo Lago:Angelo Bordonari - Frammenti di desideri irraggiungibili, sculture sospese e cadute dal cielo..
Torre del Vescovo e sulle acque del Lago - Laura Agnello Modica - Frammenti di corpo in vetroresina, pagine di pelle in cui è scritta la vita delle streghe e la loro storia.
Piazza centrale e lungo Lago Le mucche da collezione di Forge Monchieri - Le mucche vanno in transumanza artistica: colore e ricordi di un mondo contadino, antico e scomparso.
Sala Puda: Ausilia Scalvinoni – Fotografie di margherite senza materia, che continuano a danzare e a inneggiare all’amore.Piazza del molo: Resi Girardello – “Castello in aria” fatto di fili di rame e ferro, inconsistente, pericolante e meraviglioso come il Palazzo del Piccolo Principe.
Acque del Lago:Zizioli +Lorenzini – Scritta luminosa visibile solo di notte all’interno delle acque del Lago. “Aspettando la grande onda” è uno slogan preso a prestito dai mass media, una speranza che dal Lago giunga l’inatteso.
Testi da catalogo a cura di Giampietro Guiotto, di cui si dà un estratto:
CHIARA ZIZIOLI + ALESSANDRO LORENZINI
Zizioli + Lorenzini sembrano lavorare nell’ambito della pubblicità e degli slogan, quindi si presume che essi conoscano bene il valore della comunicazione visiva e la menzogna legata al lavoro pubblicitario. Nella loro proposta realisticamente possibile di un fascio di luce esclusivamente notturna che proietta la frase “Aspettando la grande onda” essi producono l’irrealtà del pensiero, provocano nello spettatore un senso di disagio o di sconcerto fino a lasciarlo nell’attesa irreale di qualcosa che potrebbe avverarsi. L’opera prende di mira innanzitutto qualsiasi modalità visiva compresa l’arte stessa perché la vera rappresentazione è linguaggio convenzionale esattamente come lo è la parola e l’immagine. Gli artisti, nel mostrarci dunque il ragionamento semiotico e non l’emozione relativa ad esso, ammettono l’irrealtà della loro opera, intesa come idea disegnata che non coincide con la realtà. Essi affermano la non verità e lo scollamento nei riguardi del mondo reale. Si scopre che il linguaggio verbale non è naturalistico ma costruzione mentale di realtà espressa attraverso il codice della lingua. Certo, folgorati da questa verità, ci si presenta un lato oscuro della condizione nella quale noi la riconosciamo.Ma un’arte senza immagini è ancora definibile come arte? Trans-arte, forse, poiché in essa l’opera si colloca e sta dove non c’è opera, aprendo completamente alla socialità e alla semiotica, alla politica e all’ermeneutica. E’ la realtà, dunque, a essere carica di non-senso, oppure essa si dispiega in ordinata naturalità e siamo noi con i nostri sensi, ragione, fantasia e regole linguistiche e mentali che sconvolgiamo la logica naturale fino ad inventarla? Questo rimane il mistero e il dubbio promosso dai due artisti Zizioli + Lorenzini, la parte nascosta della realtà e del nostro essere che ci è ignoto.
ANGELO BORDONARI
La scultura dell’artista Angelo Bordonari si presenta spezzata, manchevole, frammentata, ma rimanda subito alla pienezza della forma nascosta e allusa, come si trattasse di un’installazione di forma classica, finita nei suoi angoli più remoti. Così in “Inevitabilità” la grande ala spezzata si prolunga a terra inerme; essa porta con sé un piccolo e vuoto nido d’uccello, che segna l’attesa dell’ospite ormai volato lontano, a significare la necessità della morte come l’attesa della vita. L’intensa luce che emana dall’opera è coglibile come luce spirituale dell’intero universo, a suggerirci che l’artista non ci ammannisce un discorso intorno al cosmo, ma che ci ricorda come noi stessi dimentichiamo di essere mortali, nonostante morte e vita siano inevitabilmente presenti nella nostra vita. Insomma, l’arte può aiutarci a vedere ciò che non è palese e immediatamente visibile, a “Vedere attraverso il cuore della luce”, come l’artista esplicita in un’altra opera, due grandi labbra sospese e diafane alla riva del Lago tra due enormi alberi in fioritura. Esse non si incontreranno mai, ma, nella loro perseveranza impossibile, rivelano l’attesa possibile e il contatto impossibile, la possibilità dell’Essere eternamente teso verso l’Altro o l’ignoto che non conosce. Il frammento diventa metafora dell’Essere riconoscibile nell’unità del cosmo, entità vagante alla ricerca di Sé attraverso l’Altro, amore o attesa di qualcuno che venga a completare la felicità e si avveri l’incontro.
RESI GIRARDELLO
In questo sconfinamento dei linguaggi artistici nel quale sembra inutile distinguere le varie arti, s’inserisce il lavoro “Castello in aria” di Resi Girardello, costruito interamente da fili di ferro e rame e da lamine metalliche. La solidità della struttura architettonica, tradotta in pareti perforate dal disegno a maglia metallica, allude ad un piccolo castello fiabesco tridimensionale parzialmente coperto da smalti metallizzati e argentati, che ripercorrono con il loro cromatismo sintetico l’intelaiatura dell’installazione. Nella rivisitazione fantastica dell’architettura classica, l’artista riperimetra con fili metallici i contorni di porte, finestre, guglie, torri e rosoni, per poi unificarli e trasformarli in forme del vuoto e in profili architettonici, e dunque del pensiero libero, semplice, infantile e poetico, che mette in ridicolo la funzionalità e la monumentalità di tutte le architetture della storia. L’arte di Resi Girardello, vicina a quella del ricamo o del ferro battuto, diventa elegante e colta, attenta e precisa, semplice e naturale in quanto legata alla manualità artigianale antica, che interpreta il materiale e traduce la propria soggettività in atto creativo. I suoi castelli, come altre installazioni, liberati dalla costrizione della materia, dal peso scultoreo o architettonico, richiamano nelle strutture soltanto la forma originaria, ma, nell’eleganza e nella preziosità degli intrecci dei fili ferrosi, l’opera appare un grande e prezioso gioiello. L’artista consegna, così, alla povertà del filo di ferro o del rame un prezioso valore, che eleva ad una nuova dignità e inaspettata eleganza.
LAURA AGNELLO MODICA
Il corpo per Laura Agnello Modica è un insieme di elementi metafisici e corporei costituito da riflesso, ombra, impronta, pelle, specchio, fotografia e, infine, parole. Il riflesso non è il reale, ma ha l’aspetto del reale. Per questo motivo ci confonde. Nel caso dell’ombra e dell’impronta, l’uomo sente una stretta connessione con il corpo, come un sintomo di appartenenza. L’impronta possiede, a differenza del riflesso e dell’ombra con cui è in forte affinità, una materialità che è un’oggettivazione dell’Io, o, meglio, del corpo che lo rappresenta. La pelle ha una funzione eminentemente protettiva, ma nel contempo è mezzo di comunicazione tra l’in sé - per sé e il mondo, predisposta a modificarsi seguendo forze interne ed esterne che entrano in contatto con essa. Essa è confine e soglia dell’Io, è sicura testimone del mondo psichico, romanzo visivo in cui si scrive la vita. Con questi parametri filosofici Laura Agnello Modica penetra l’universo storico lentamente, lo setaccia e lo scompone quasi scrivendoci sopra, incidendolo e manifestandolo. In questa sorta di comunicazione complessa, l’artista traduce il corpo in frammenti leggeri in vetroresina, galleggianti sul Lago e appesi all’interno dell’alta torre pisognese in pagine scombinate di pelle in vetroresina e in fogli A4, che raccontano la storia del mondo e le percezioni dell’uomo. Così, per la storia di Valcamonica e della sua prima terra, Pisogne, Agnello Modica percorre d’un balzo le vicende della signoria vescovile del Trecento e la gente sottomessa, ma ribelle e vigile che vi si rapportava; continua, poi, nell’ultimo Quattrocento e nei primi anni del Cinquecento, per cogliere artisticamente l’avvento di streghe e stregoni come segno inconfondibile di una ribellione di massa divenuta inesauribile, ma anche inestricabile, con il sacrificio del corpo eretico bruciato dagli inquisitori, come se si fosse trattato di una radicale e terribile scarificazione tribale.
AUSILIA SCALVINONI
Le margherite di Ausilia Scalvinoni sono forme che approdano ad un’ampia riflessione filosofica, occidentale e orientale. Lo sviluppo digitale che ha permesso l’inversione del bianco e nero, quasi a farlo sembrare un negativo fotografico, insegue le forme, fino a illuminarle da dentro e far trasparire la loro essenza in bilico tra materia e spirito.Il colore, inteso come involucro emotivo della forma, scompare, per alludere alla forma primigenia, all’illuminazione di quell’istante in cui la forma è evanescente. Nei grigi e nei neri abissali, i loro steli si inclinano, la compostezza delle loro corolle si sfascia, mentre l’ultima parvenza di petalo sfoglia e ondeggia. Nel loro dinamismo di linee e movimenti sinuosi, si cristallizza la visione della fugacità dell’attimo, l’emersione dell’oscurità che cerca la luce, il desidero di sottrarsi all’abisso metafisico e impalpabile del mondo, la volontà di librarsi là dove il nulla incontra il vuoto. La loro esistenza e la loro vitalità di margherite si annullano per assumere le forme dell’inquietudine, della precipitazione, dello spreco di energie, dell’impazienza verso l’ignoto. Come ogni fiore, esse si scoprono prive di importanza nella pienezza cosmica. Pertanto, il nostro sguardo deve agire con delicatezza e tenerezza. La fotografia di Ausilia Scalvinoni ci parla, così, di luce e oscurità, di dinamismo e immobilità, di silenzio e incomunicabilità, di vita e morte. La materia è destinata a perdere la forma, ma negli ultimi movimenti di vitalità riecheggia l’inno all’amore, la danza nel silenzio e nel vuoto, nella trasparenza dell’aria e nella profondità dell’acqua che ci riconduce al fiume eterno: essenze floreali al limite estremo della semplificazione, entità alla ricerca di una danza che corrisponda al ritmo delle pulsazioni del loro spirito vitale, emanazioni di luce e riverberi di natura che si estendono all’infinito.
MUCCHE DA COLLEZIONE DI FORGE MONCHIERI/
Mucche in transumanza Se qualcuno fosse tentato di acquistare le mucche da collezione di Forge Monchieri per collocarle nel proprio giardino, rimarrebbe frustrato, perché queste opere d’arte non sono vendibili e nemmeno riproducibili. Nate come oggetti ideali e visualizzazione di un mondo agricolo ormai scomparso, le mucche dell’Azienda del Cav. Gianfranco Monchieri suscitano la nostalgia e la visione concreta di un territorio amato, l’ambiguità tra irrealtà e realtà del visibile. Nella parvenza di sculture oggettuali, esse vorrebbero mimare (o ridicolizzare?) l’arte concettuale e la bellezza del processo mentale dell’artista necessario alla costruzione dell’opera, ma, nella loro nuda oggettività, esse ammettono di non conoscere l’artista che le ha create e, quindi, nemmeno l’idea prima che le ha generate.In questo momento esse subiscono, però, una dislocazione temporale, una sorta di transumanza artistica dal luogo loro consueto, che è il parco dell’Azienda Forge Monchieri, alla piazza e lungolago di Pisogne, per partecipare ad un’esposizione d’installazione d’arte contemporanea. Decontestualizzate dal luogo originario, esse diventano ora, grazie al godimento visivo e al consenso del pubblico, inedite opere d’arte che generano nuove percezioni sensibili e riflessioni sul senso del vivere, temporanea visione di un mondo assurdo ed enigmatico, ma anche gioioso.Nella loro irrealtà, esse diventano pensiero invisibile, come il dolore e il piacere, direbbe Magritte. Esse rappresentano in modo non più illusorio quello che è scomparso, la vita contadina e lo spazio della natura disintegrata dall’uomo. Un tempo, nel colore del manto delle autentiche mucche nere a chiazze bianche si stendeva, forse, un cielo tempestoso percorso da limpidissime nuvole bianche, mentre ora, grazie alla trasmutazione dell’arte, compaiono cieli azzurri, soli, lune e colori sgargiantI.
5 commenti:
Ma chi è la tua amica? Tranne la prima non sono risucito a leggere gli altri perchè troppo piccoli...
:D
ZIZIOLI CHIARA!
in teoria l'avevo lasciato più in grande ed in grasseto apposta, ma la differenza non era chiarissima!
Si potrebbe fare sabato prossimo (25apr): giretto a Pisogne e via!
che bello! finalmente un post breve e veloce da leggere!
ci sono per la gita culturale!
Messaggi subliminali: non so se avete notate... ma questo post è pieno delle parola MUCCHE e MARGHERITA....
Ci vuoi influenzare Marghe, per prepararci per bene alla cena di sabato? :-)
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