Ormai tutti parlano di Facebook, di quanto è utile, di come usarlo, di quanta gente c’è, e perché bisogna iscriversi. In realtà sono in molti a pensare che Facebook dopotutto non serve proprio a niente. Ma altri raccontano di esserne infastiditi, di voler scappare dal social network più famoso del mondo. Proprio ieri in Nuova Zelanda un rapinatore di 21 anni è stato arrestato dalla polizia dopo che sono state diffuse le sue immagini – riprese dalle videocamere – attraverso una apposita pagina su Facebook. Meno di un mese fa, è stato notificato uno sfratto a un signore quasi introvabile attraverso la posta di Facebook. La gente è contenta, dice che è utile, che può risolvere problemi, ma in realtà apre una serie di interrogativi difficile da sciogliere.
Il primo è quello di un amico, uomo riservatissimo, di quelli che non vogliono avere il cellulare, che non pagano l’autostrada con telepass e che se potessero non userebbero né il bancomat e neppure la carta di credito, perché non gli va, perché si sentono accerchiati e hanno un’idea della privacy molto netta. Bene, questo amico ha ormai molti amici che stanno su Facebook. E gli amici hanno messo sue vecchie foto nei loro album, con il suo nome e cognome.
Come fare a difendersi? Domanda inutile, praticamente è impossibile. Chiunque può svuotare cassetti e mettere su Facebook ricordi di liceo, di scuola elementare, con didascalie, nomi e cognomi, e quant’altro. Io ho ritrovato, devo dire con piacere e stupore, due mie foto della prima e seconda elementare, nel profilo di un mio vecchio compagno di scuola. Altri si ritrovano alticci in qualche festa di dieci anni prima, e magari nel frattempo sono diventati stimabili medici, o manager di solida fama.
E non basta. Ci sono casi di clonazioni, di profili di gente che si spaccia per un’altra per vedere, parafrasando Enzo Jannacci, l’effetto che fa. La sede legale di Facebook credo stia in Arizona, Usa, e non si può fare causa per appropriazione di identità. Tanomeno dissuadere conoscenti e persone nel mettere vecchie foto. Il risultato è di una semplicità lampante. La privacy su Facebook è un concetto inesistente. Tutti sanno ogni cosa che fai, e se ti va male, come con il rapinatore in Nuova Zelanda, la community ti riconosce e ti fa arrestare, anche se non sei mai stato iscritto a Facebook. Se questo non è paradossale...
Roberto Cotroneo
giovedì, gennaio 15, 2009
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3 commenti:
Ovviamente non includerei la storia del rapinatore negli aspetti negativi. (Tana per il Vex!)
eheh nemmeno quella del tipo che non si faceva sfrattare!
Bèh come tutte le cose basta usare il buon senso...
e poi se non si vuole che foto imbarazzanti vengano rese pubbliche, basta non farle.
Se non puoi battere il tuo nemico alleati con lui...
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